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Tag: pmi
  • PMI e credit crunch: l’obiettivo è diversificare

    Regole più stringenti per i capitali delle banche, riduzione degli sportelli sul territorio, calo dei prestiti che non accenna a diminuire (-3,7% quelli alle società non finanziarie a dicembre 2023 secondo i dati di Bankitalia), con i tassi di interesse che risultano addirittura quadruplicati in due anni.

    Secondo il Centro Studi di Unimpresa, infatti, la fiammata dei tassi ha portato a una crescita dei costi del credito erogato alle imprese dall'1,28% di gennaio 2022 al 5,48% del gennaio 2024, con un crollo di quasi 45 miliardi di euro di stock dei finanziamenti delle banche alle aziende. Manca, quindi, la liquidità necessaria tanto per gli investimenti quanto per la gestione dell'ordinaria amministrazione.

    Non è un caso che, in questo scenario, la Commissione Europea abbia di recente dato il via libera all'Italia per un regime di aiuti di Stato dell'ordine di 750 milioni di euro volti a garantire l'accesso al credito delle PMi e delle società a media capitalizzazione. Aiuti che, nel dettaglio, dovrebbero assumere la forma di vere e proprie garanzie statali per quelle aziende colpite in particolar modo dalla crisi energetica, ma che non saranno sufficienti da soli a invertire una chiara tendenza che vede le piccole e medie imprese sempre più marginalizzate nella geografia del credito nazionale.

    Lo scenario generale ci parla infatti di un "credit crunch" ormai culturale, ancor prima che di ordine finanziario, dove le banche, costrette da requisiti sempre più stringenti di capitale, non possono più essere l'unico partner finanziario di una PMI. Quest'ultima deve essere in condizioni di poter diversificare le proprie fonti di finanziamento tanto per poter accedere a condizioni migliori quanto per non dipendere da uno scenario complesso e difficilmente prevedibile nelle sue infinite variabili, come può essere il persistere dell'inflazione e le sue conseguenze sull'atteso taglio dei tassi.

    In questo contesto, le opportunità non mancano per ricorrere a canali di finanza alternativa capaci di rispondere in maniera strutturata e diversificata alle esigenze delle piccole e medie imprese: sia attraverso la raccolta di finanziamenti a breve e medio termine tramite il p2p lending o il crowdfunding, sia attraverso l'accesso alla liquidità tramite la cessione dei crediti commerciali con piattaforme di invoice trading quali CashMe, senza richiesta di ulteriori garanzie né segnalazioni in centrale rischi, potendo contare sulla velocità offerta dalle moderne tecnologie digitali.

    L'utilizzo di canali di finanza alternativa deve intendersi, in questo senso, non come uno strumento capace di sostituirsi in toto al canale bancario - non lo consentono i volumi, né la disponibilità finanziaria della maggior parte degli intermediari - ma piuttosto come uno strumento complementare alle banche, per sedersi al tavolo negoziale con queste ultime da una posizione di maggiore forza. Nel caso dell'invoice trading, infatti, la cessione dei crediti pro-soluto non comporta ulteriore passivo nel bilancio e consente in prospettiva di migliorare il proprio rating bancario, favorendo quindi quell'accesso al credito che la dipendenza troppo stretta da un unico istituto paradossalmente oggi rende così complicato ottenere.

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  • Partnership tra CashMe e Artigiancredito: accesso all’invoice trading per 118 mila PMI

    Oltre 118.000 aziende associate, 1,1 miliardi di euro di garanzie in essere, un solo Consorzio Unitario: sono questi i numeri di Artigiancredito, tra i più rappresentativi consorzi italiani di garanzia per l'accesso al credito delle Piccole e Medie imprese, da questo mese partner di CashMe SPA.

    La partnership, annunciata ufficialmente in occasione del II Meeting Artigiancredito, ha come obiettivo quello di fornire alle aziende associate al consorzio la possibilità di attivare il nostro servizio di invoice trading online a condizioni dedicate per tutti gli iscritti.

    Stefano Sainati (a destra), co-founder di CashMe, firma la partnership con Fabio Petri (a sinistra), presidente di Artigiancredito

    In questo modo, le piccole e medie imprese che fanno parte di Artigiancredito hanno la possibilità di cedere in maniera rapida e trasparente i loro crediti commerciali agli investitori istituzionali attivi sulla nostra piattaforma, ottenendo liquidità immediata per il finanziamento del proprio capitale circolante e migliorando - in prospettiva - il proprio rating bancario grazie al deconsolidamento dei crediti dal bilancio.

    La partnership tra Artigiancredito e CashMe nasce, non casualmente, in un momento cruciale per il futuro di tantissime piccole e medie imprese italiane – dichiara Marcello Scalmati, CEO e co-founder di CashMe - costrette negli ultimi mesi a fare i conti con l'irrigidimento delle condizioni di accesso al credito, la crescita dei prezzi delle materie prime e la contrazione dell’economia. In questo contesto, la partnership offre alle aziende membri del Consorzio l’opportunità di ampliare i propri canali di finanziamento grazie al sostegno del nostro team di esperti e alle possibilità di disintermediazione offerte dalla tecnologia che rendono l’invoice trading online uno strumento di finanza alternativa accessibile a tutti”.

    Nell’ambito del progetto di digitalizzazione di Artigiancredito, abbiamo deciso di proporre ai nostri soci soluzioni alternative per ottenere liquidità immediata attraverso partner di fiducia come Cashme - dichiara il presidente di Artigiancredito Fabio Petri - che offre alle imprese la possibilità di cedere le proprie fatture ad investitori istituzionali attraverso una piattaforma web. In questo momento di incertezza economica presentiamo alle PMI italiane soluzioni semplici e concrete per lo sviluppo del proprio business attraverso collaborazioni con professionisti dell’Invoice trading come il team di Cashme che ci supporta in quello che è da sempre il nostro obiettivo di affiancamento e sostegno alle Imprese del nostro territorio”.

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  • Come favorire la digitalizzazione delle imprese: la parola all’esperto

    Secondo il modello messo a punto dall'Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI emerge che il 55% delle piccole e medie aziende italiane sia oggi in una condizione di arretratezza rispetto al digitale, mentre il 45% ha già avviato con intensità differenti percorsi di digitalizzazione, dimostrando più attenzione alla crescita delle competenze digitali e all’impiego diffuso delle tecnologie. In particolare, il 9% di queste aziende appartengono al segmento da noi definito come "Avanzato", qualificato anche da una maggiore attenzione per le strategie collaborative.

    Rispetto alla precedente rilevazione assistiamo a un peggioramento dei segmenti più evoluti (-5%), ma non bisogna farsi ingannare. La spiegazione non sta nella disaffezione verso il digitale, ma nella necessità di risolvere problemi contingenti – crisi delle supply chain e crisi energetica – che hanno spostato l’attenzione verso problemi da risolvere nell'immediato, pena il rischio di sopravvivenza dell’azienda. Gli investimenti nel digitale sono stati così spostati in avanti sull’asse temporale, mentre le aziende che negli anni precedenti avevano già compreso l’importanza della tecnologia hanno confermato l’interesse verso il tema.

    Nello specifico, il modello di maturità digitale messo a punto dall’Osservatorio ha individuato quattro profili che ci permettono di identificare l'approccio delle aziende alla cultura digitale, alla trasformazione nei processi lavorativi e alla collaborazione con l’ecosistema esterno. In questa classificazione il 16% sono imprese "Scettiche", poco attente agli investimenti e alle competenze digitali, il 39% risultano "Timide", con un buon livello di cultura e uso del digitale ma non ancora pronte a impieghi trsversali in azienda, il 36% sono aziende "Convinte" e il 9% "Avanzate”, cioè dotate di un livello ottimale di cultura e digitalizzazione dei processi lavorativi e pronte a collaborare con soggetti ad alto tasso tecnologico, come le startup, utilizzando bene i contributi europei e i bandi a sostegno della digitalizzazione.

    In questo contesto, i maggiori ostacoli per un imprenditore interessato alla digitalizzazione riguardano la propria sfera individuale e quella dell’ecosistema di appartenenza. Se è vero che la cultura gestionale di alcune aziende non riconosce al digitale il ruolo di alleato nello sviluppo dell’impresa, dall'altro lato l’ecosistema di riferimento – professionisti, software house, banche, associazioni di categoria, innovation hub territoriali – spesso non è in grado di dare un contributo di sostanza al miglioramento della cultura gestionale delle imprese. Ciò è tanto più urgente quanto più diminuiscono le dimensioni aziendali: in questo caso, la quotidianità non consente all’imprenditore di trovare il tempo adeguato da dedicare alla programmazione e allo sviluppo.

    L’ecosistema, nelle sue diverse espressioni, deve quindi cambiare i propri paradigmi tradizionali per comprendere a fondo le problematiche sui mercati di sbocco e di approvvigionamento delle aziende, formulando ipotesi collaborative e in grado di generare reale valore all’azienda all’interno della gestione caratteristica, deputata a remunerare il capitale di rischio. Il vero valore per l’impresa non è infatti quello di acquistare la miglior soluzione esistente sul mercato, ma acquistare quella più funzionale al raggiungimento degli obiettivi strategici definiti, relazionandosi con dei partner tecnologici in grado di ascoltare non solamente le richieste espresse dai clienti ma di individuare quelle latenti, attraverso la raccolta di informazioni sui mercati di sbocco e di fornitura. In questo modo è possibile sviluppare una relazione duratura, in cui gli obiettivi dell’impresa diventano anche gli obiettivi del fornitore, che li interiorizza, comprendendoli appieno e mettendoli a terra attraverso proposte in linea con le reali strategie aziendali.

    Claudio Rorato
    Direttore Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano

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  • Il futuro delle imprese? Nella “coesione” con dipendenti, clienti e comunità

    Per migliorare il legame con la comunità e i territori, accrescere il senso di appartenenza e la soddisfazione di vita dei dipendenti, ma anche il coinvolgimento e il dialogo con i clienti, le relazioni di filiera e distrettuali e, infine, la stessa competitività: sono questi i benefici attesi da una maggiore coesione delle imprese secondo l'ultimo rapporto annuale presentato in occasione dell’incontro "Coesione è competizione. La forza dei Territori nella Transizione Verde", promosso da Fondazione Symbola, Unioncamere e Intesa Sanpaolo e presentato a Mantova nel corso di questo weekend.

    Ma chi sono, in sintesi, le imprese "coesive"? Sono tutte quelle aziende capaci di includere nelle proprie attività attori esterni e non necessariamente provenienti dal mondo for-profit: sono coesive le imprese che collaborano con università, professionisti, creativi esterni per favorire la nascita di nuovi servizi e prodotti, ma lo sono anche quelle che contribuiscono alla propria comunità tramite l'ingaggio di enti del terzo settore o di esponenti della società civile locale.

    Il livello di coesione di un'impresa si misura anche in termini di capacità di relazione con i clienti, non più limitata al solo scambio utilitaristico del "customer care" ma declinata in termini di ascolto delle loro esigenze, co-progettazione di prodotti e trasformazione dei clienti stessi in ambassador dell'impresa. Sono coesive, infine, quelle aziende capaci di passare da una relazione di dipendenza con la banca a un rapporto sempre più egualitario, trovando negli istituti finanziari – o in altri operatori specializzati, aggiungeremmo noi - un partner fondamentale per riorganizzare la propria filiera.

    Tutto questo non si traduce solo in miglioramenti qualitativi, ma anche con impatti concretamente misurabili sul proprio business: secondo la Fondazione Symbola, nel 2023 il 55,3% delle aziende coesive prevedono un aumento del fatturato (rispetto al 42,3% di quelle che non rientrano in questa categoria), il 34,1% hanno intenzione di incrementare la propria forza lavoro (rispetto al 24,8% delle altre) e il 42,7% prevedono una crescita delle esportazioni (versus il 32,5% delle altre tipologie), mentre attenzione alla sostenibilità e investimenti nel digitale presentano valori quasi doppi rispetto al resto delle aziende.

    In questo contesto, non sorprende infine il diverso rapporto esistente tra le aziende coesive e il proprio ecosistema di riferimento, locale ma soprattutto nazionale: rispetto alle aziende tradizionali, quelle coesive sono intenzionate ad aumentare nel 24% dei casi la percentuale di fornitori locali o extra regionali (rispetto al 19% delle altre) e pongono una maggiore attenzione alla qualità dei prodotti nei criteri principali di selezione dei fornitori (83,8% vs 76,9%). Un approccio che potremmo definire lungimirante, soprattutto in tempi di "backshoring" delle filiere produttive, e che rappresenta un’importante soluzione di continuità rispetto agli ultimi anni, nell’ottica di rafforzare i legami non solo con i propri fornitori o clienti, ma anche con quella comunità di stakeholder che rappresenta oggi più che mai la vera forza di un’impresa rispetto alle altre.

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  • Pagamenti alle imprese: la situazione dell’Italia rispetto agli altri Paesi europei

    Quattro su dieci: è il numero medio di imprese italiane che dichiarano di ricevere pagamenti puntuali al termine del primo trimestre 2023, in lieve peggioramento rispetto al trimestre precedente (40,8% vs 40,9%) ma in netto miglioramento rispetto all'ultimo trimestre di un anno fa quando erano al 38,5% del totale. Crescono, seppur di poco, i ritardi superiori ai 30 giorni, attestati al 9,5% del totale.

    Sono questi i dati principali che emergono dalla XIX edizione dello Studio Pagamenti di Cribis, realizzato con il contributo del partner Dun & Bradstreet e presentato alcuni giorni fa a Milano nel corso di un evento in collaborazione con il Corriere della Sera, e che dimostrano quello che è già da tempo un fenomeno consolidato: Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto si confermano le regioni con la maggior percentuale di pagamenti regolari (oltre il 48%), mentre Sicilia e Calabria si attestano in fondo alla classifica.

    Tra i vari settori oggetto di indagine emerge come le imprese che denunciano i maggiori ritardi nei pagamenti siano quelle del settore trasporti, con una crescita dell'8,2% rispetto al trimestre precedente e addirittura del 54% rispetto alla fine del 2022 per le fatture saldate oltre i 30 giorni di attesa. Al secondo posto si collocano le industrie chimiche e della ceramica, mentre Grande Distribuzione, Distribuzione Organizzata, Energy & Telco sono i settori dove le aziende hanno visto una riduzione di oltre il 20% dei ritardi più gravi, recuperando ampiamente il gap generato dalla crisi pandemica ed economica.

    A un livello più ampio, spiace constare come l'Italia rimanga ampiamente indietro rispetto alle performance degli altri Paesi avanzati: a fronte di una puntualità del 40% di quelle italiane, le imprese francesi e spagnole dichiarano percentuali vicine al 50% mentre al primo posto in termini di rapidità di incasso si collocano Danimarca con il 91%, seguita da Polonia, Ungheria e Olanda con oltre il 70% di pagamenti puntuali. Spicca, in questo scenario, il caso portoghese, dove l'incremento dei pagamenti puntuali rispetto alla fine del 2021 è stato dell'ordine del 20%: segnale che importanti progressi possono essere raggiunti su questo fronte, soprattutto in un momento in cui inflazione e aumento dei costi di finanziamento impongono alle aziende una maggiore prudenza nella gestione dei flussi di cassa e nelle modalità di accesso alla liquidità.

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  • Calano i prestiti, cresce l’invoice trading: l’opinione dell’esperto

    Negli ultimi anni la pandemia, la guerra e la conseguente crisi energetica hanno avuto un impatto significativo sulle PMI costringendo gli istituti finanziari ad adeguarsi al nuovo contesto macroeconomico. Il sistema bancario, nonostante l’intervento del Governo a sostegno delle imprese, si è tenuto cauto nell’erogazione di nuova finanza a causa della forte incertezza rispetto a una potenziale ripresa economica, malgrado le PMI rappresentino tuttora il pilastro dell’economia italiana. Nel frattempo, le competenze dei manager delle PMI sono andate aumentando nel corso del tempo, costringendo il sistema bancario a innovarsi per non soccombere alla concorrenza di soggetti che forniscono servizi alternativi in maniera fluida e accessibile, soprattutto per quanto riguarda la gestione del credito.

    Se le misure di sostegno alle PMI da parte del Governo hanno ridotto la probabilità di arrivare a un vero e proprio “credit crunch” ad oggi la situazione rimane estremamente delicata. Una volta esauriti i sostegni, le imprese devono fronteggiare un contesto macroeconomico molto sfidante, determinato dagli elevati livelli di crediti unlikely to pay e stage 2 (rispettivamente pari a ca. €30 miliardi ed €250 miliardi secondo le ultime stime disponibili) nel mercato italiano che potrebbero trasformarsi in sofferenze se non gestiti in maniera corretta da parte del sistema bancario, anche a causa dei cambiamenti nella definizione di default subentrati a partire dal 2021. Pur senza arrivare a livelli drammatici, la riduzione dell’offerta di credito alle imprese da parte delle banche, già osservata a fine 2022, sarà un fenomeno consequenziale ai mutamenti economici e lo sarà altrettanto il ricorso da parte delle PMI al mondo fintech per contenere il pericolo di una crisi di liquidità.

    Le esigenze dei manager delle PMI sono infatti cambiate nel corso del tempo e, ad oggi, le principali richieste sono legate all’ottenimento di finanziamenti a condizioni competitive, alla possibilità di accedere a servizi di pagamento immediati e chiari, senza provvigioni o comunque riducendo al minimo queste ultime, e alla necessità di ricevere un’assistenza tempestiva e costante. Le aziende fintech, rispetto ai tradizionali operatori finanziari, sono in grado di rispondere al meglio a tutte queste esigenze, facilitando le esecuzioni dei processi e sviluppando modelli operativi molto specifici per determinate aree del “business” finanziario.

    L’invoice trading, in questo contesto, consente alle aziende di ottenere fondi nell’immediato tramite la vendita delle fatture ad operatori specializzati: una modalità di finanziamento particolarmente utile per le aziende caratterizzate da un alto volume di vendite a credito o che si trovano in una situazione di stress finanziario, ma anche per quelle aziende che sono andate incontro a una diminuzione del fatturato (e che quindi hanno maggiori difficoltà ad accedere al credito bancario) e per le aziende che stanno acquisendo nuovi ordini dopo un periodo di crisi e non trovano nel sistema creditizio tradizionale delle soluzioni sufficientemente reattive.

    Nel prossimo futuro l’invoice trading potrebbe quindi andare incontro a una ulteriore, massiccia diffusione in virtù di tre caratteristiche fondamentali:

    • È uno strumento complementare e non sostitutivo del credito bancario tradizionale e del factoring per masse coinvolte, caratteristiche, posizionamento di prezzo e tipologia di clienti cedenti
    • Offre una mitigazione del rischio “sistemico” generalmente rappresentato dalla prevalenza del credito di fornitura gestito dalle imprese di grandi dimensioni (c.d. “credito ombra”)
    • È un elemento di sostegno per le aziende in termini di crescita e risanamento, in particolare per quelle non ben viste dal sistema bancario a causa delle piccole dimensioni e/o dello standing creditizio insufficiente

    In questo senso è possibile affermare che l’invoice trading innesca una reazione a catena nel sistema economico, aiutando da un lato le PMI a non incorrere in crisi di liquidità e dall’altro a mantenere il sistema bancario più solido grazie al miglioramento dello standing creditizio dei debitori in essere. Non è da escludersi, in questo contesto, lo sviluppo di potenziali sinergie con gli istituti bancari tradizionali nell’ottica di mettere a disposizione di questi ultimi dei servizi alternativi appetibili per potenziali clienti - dalle PMI alle startup in fase di crescita - laddove le banche non sono presenti o non vogliono incrementare la propria esposizione.

    Lorenzo Zini

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  • Prestiti bancari alle PMI: quali sono le regioni e le province più colpite

    Dagli 820 milioni di euro in meno delle imprese attive in Veneto ai 214 milioni di euro in meno di quelle localizzate in Liguria: sono queste le due regioni che hanno subito le contrazioni più marcate e rilevanti dei prestiti bancari alle Piccole e Medie imprese italiane tra il 2021 e il 2022, secondo quanto emerge dall'ultima elaborazione dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre.

    Nel dettaglio, il volume dei prestiti bancari alle PMI si è ridotto nell’arco di poco più di un anno di oltre 5,3 miliardi di euro, in calo da 124 a 118,7 miliardi di euro ottenuti in prestito nel periodo precedente da parte delle aziende con meno di 20 addetti. Al triste "primato" di Veneto e Umbria si aggiungono inoltre Friuli Venezia Giulia (-177,8 milioni) e Liguria (-214,4 milioni di euro).

    A livello di singole province, non da ultimo, la situazione appare essere molto più diversificata, con il calo maggiore subito da Sondrio in termini percentuali (-8,32%, pari a 59,8 milioni di euro) e da Venezia in termini di volumi (-173,8 milioni, a fronte di un calo di "soli" 7 punti percentuali). Biella, Caltanissetta, Sassari, Sud Sardegna e Nuoro le uniche province in attivo, seppur di poco.

    Le richieste delle PMI alle banche, tuttavia, da tempo non riguardano più solo la disponibilità di maggiori linee di credito. Secondo uno studio realizzato da b-ilty di Gruppo Illimity, infatti, le aziende di dimensioni minori si aspettano di ricevere dalle banche una risposta puntuale, veloce e trasparente alle proprie richieste, attraverso canali digitali o ibridi di contatto e che sappiano valorizzare il fattore umano. Liquidità si, dunque, ma anche servizi innovativi e capaci di far risparmiare tempo ancor prima che denaro.

    Flessibilità, personalizzazione, contatto umano: non a caso queste caratteristiche di servizio sono quelle fatte proprie da aziende fintech come CashMe SpA, che offre un servizio di invoice trading e digital reverse basato sull’utilizzo di una piattaforma tecnologica e sulla presenza costante di consulenti dedicati per tutte le esigenze di finanziamento del capitale circolante. Una scelta precisa, compiuta fin dall’inizio, che oggi si rivela essere tanto più importante quanto più gli istituti di credito tradizionale tendono a ritirarsi dal loro ruolo tradizionale di supporto all’economia reale in quasi tutti i territori italiani.

    In un contesto di generale rafforzamento dei criteri di valutazione del rating aziendale imposto dagli organismi di controllo, di crescita dei tassi di interesse e di innalzamento dei capitali di vigilanza per le banche più a rischio, non vi è da sorprendersi che le prospettive per il mercato del credito nei prossimi mesi possano rivelarsi ancora eccessivamente ottimistiche. Per questi motivi è importante per gli imprenditori, soprattutto quelli delle aziende piccole e medie, iniziare fin da subito a esplorare canali di finanziamento alternativi, soprattutto se si trovano in quelle regioni o province più penalizzate di altre.

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  • PMI e sostenibilità: quegli ostacoli invisibili da rimuovere

    Quattro imprese su dieci: questa è la percentuale del campione di piccole e medie aziende italiane che, nel corso del 2022, hanno avviato un percorso di transizione sostenibile secondo gli ultimi dati del Kaleidos Impact Watch. Entro il 2024, secondo la medesima fonte, oltre la metà delle PMI avrà effettuato almeno un investimento in sostenibilità ambientale (dalla transizione verso energie pulite e rinnovabili alla riduzione o riutilizzo di rifiuti e scarti di lavorazione). Oltre il 95% delle aziende intervistate ha dichiarato di aver già ottenuto benefici da questo processo.

    A fronte di dati così evidenti, tuttavia, rimane l'incognita che grava sul futuro di tutte le altre imprese: in un Paese come il nostro caratterizzato da un tessuto imprenditoriale di dimensioni aziendali relativamente contenute, non sono pochi i motivi che possono frenare un imprenditore e il suo team rispetto alla scelta di intraprendere un percorso virtuoso, che tuttavia richiede un certo investimento iniziale per essere avviato, soprattutto dopo che quest'ultimo è stato rimandato per anni.

    Come affermato da Emanuela De Sabato, presidente e fondatore di Futura Law Firm e valutatrice d’impatto in un lungo e interessante post su LinkedIn, a volte non sono sufficienti tutti i discorsi e i numeri sulla sostenibilità per far compiere quel passo in più alle aziende di dimensioni più contenute. "Di fronte alle iniziative e alle svolte dei giganti - afferma l'autrice del post - non so come una piccola impresa possa identificarsi e sentire di avere gli strumenti adeguati". Il problema, secondo l'esperta, non sarebbe tanto la mancanza di risorse economiche quanto la convinzione di non avere né il tempo, né le risorse umane sufficienti da dedicare al cambio di rotta.

    A convincere molti imprenditori, secondo noi, non sarà tuttavia solo la tendenza a imitare i comportamenti dei propri simili, né massicce campagne di sensibilizzazione, quanto la consapevolezza che le pressioni che subiranno da qui ai prossimi anni per intraprendere un percorso sostenibile saranno tante e tali da farli rimpiangere di non averlo fatto prima: se la regolamentazione fino ad oggi è stata benevola nei confronti delle aziende di dimensioni minori non è detto che sarà lo stesso anche in futuro, i clienti si aspetteranno iniziative e azioni concrete di sostenibilità e le aziende capofiliera utilizzeranno tutto il proprio soft power per convincere le aziende fornitrici ad adeguarsi a standard qualitativi e sostenibili sempre più alti. Infine, il mondo del credito darà la "spinta" decisiva.

    Come ricordato da Marco Preti, CEO di Cribis, in un articolo per Econopoly, le modalità di gestione del rischio del credito stanno rapidamente cambiando: "oggi è imprescindibile considerare i rischi ESG delle imprese, non solo nel breve ma anche a medio e lungo termine. Ormai è acclarato che questi elementi impatteranno in modo determinante sulla redditività delle imprese e quindi sulla loro capacità di rimborsare il debito", scrive l'esperto, che ricorda anche come la rischiosità creditizia di un'impresa a forte vocazione sostenibile risulti inferiore del 50% rispetto alla media. Un numero che influenzerà nei prossimi anni in maniera decisiva le decisioni delle banche in merito alla concessione o meno dei crediti richiesti dagli imprenditori. In questo senso, il mondo bancario svolgerà con ogni probabilità un ruolo decisivo nel sensibilizzare gli imprenditori, anche i più reticenti, a compiere un passo di importanza fondamentale sia per la propria azienda, sia per il futuro dell'ambiente e della società in cui vivono.

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  • PMI, rating e bilancio: un esempio di cessione pro-soluto con l’invoice trading

    Migliorare il rating bancario, riducendo il credito commerciale dell'azienda verso i propri clienti senza aprire nuova passività, riducendo di conseguenza il capitale circolante e la Posizione Finanziaria Netta: sono questi i principali benefici che l'utilizzo di servizi di invoice trading - come quello offerto dalla piattaforma di CashMe - consentono di ottenere in tempo per la chiusura del bilancio di fine anno.

    Un esempio concreto di come l’invoice trading può migliorare la condizione di un’impresa

    Si prenda l'esempio di una tipica piccola e media impresa italiana, attiva nel settore della fabbricazione di macchine per l’industria alimentare, che fattura annualmente 30 milioni di euro e dispone di linee capienti per finanziare il proprio capitale circolante nel corso dell’anno.

    Attraverso la cessione pro soluto di un pacchetto di crediti commerciali, nel nostro esempio 1 milione di euro, tramite invoice trading, l’azienda ottiene il risultato di deconsolidare da bilancio il 90% del valore nominale di crediti ceduti (- 900 mila euro dalla voce di stato patrimoniale “crediti verso clienti”), che non si trasforma in debito finanziario ma in disponibilità liquide (+900 mila euro in “disponibilità liquide”).

    Un esempio concreto di cessione del credito pro-soluto tramite invoice trading online.

    Di seguito, ecco i principali vantaggi che ha ottenuto la società sopra menzionata della cessione dei crediti pro-soluto per il bilancio della propria impresa:

    • Miglioramento della Posizione Finanziaria Netta. La PFN è uno dei principali indicatori utilizzati per valutare la solvibilità di un’impresa e la trasformazione di un credito in disponibilità liquida, riduce la PFN, contribuendo al miglioramento del rating bancario.
    • Rispetto dei covenants. Migliorare la PFN e il Cash Flow sono tra le condizioni di base per il rispetto dei covenants e il mantenimento delle linee di finanziamento acquisite da investitori e istituti bancari
    • Riduzione del capitale circolante. Diventare più efficiente nella gestione del cash flow è una attività che genera grande valore per l’azienda. Oltre eventualmente a promozioni finali per “svuotare” il magazzino, sono proprio i servizi di invoice trading e factoring che possono migliorare il cash flow, donando un’immagine di maggiore salute al bilancio.
    • Miglioramento della percentuale di utilizzo delle linee bancarie. Non comparendo in centrale rischi, l’operazione di invoice trading permette di abbassare il rapporto tra “utilizzato” e “accordato” da parte degli istituti bancari che è un indice molto rilevante per gli algoritmi bancari che elaborano il rating.*
    • Miglioramento della “durata media dei crediti”. La cessione pro soluto, impatta positivamente anche questo indice trasformando un credito commerciale in disponibilità liquida.
    • Miglioramento del ROI. Finanziando i propri crediti in modalità pro soluto, negli ultimi mesi prima della chiusura del bilancio, ci sarà un miglioramento per la redditività e quindi un altro ottimo indicatore per il rating della impresa.

    *tendenzialmente un rapporto di utilizzo sopra il 70% penalizza il rating della società analizzata.

    Come funziona l'invoice trading online

    L'invoice trading consente quindi di cedere crediti commerciali online ricevendo nell'arco di pochi giorni liquidità immediata da investitori istituzionali qualificati in modalità pro soluto. A differenza dell'anticipo fatture bancario, inoltre, la cessione è a titolo definitivo senza ulteriore indebitamento per l'impresa. A differenza del factoring, infine, i crediti cedibili possono essere scelti in maniera flessibile e senza impegni a lungo termini con la piattaforma che fornisce il servizio di invoice trading.

    Uno servizio, quindi, tanto più utile quanto più si avvicinano le scadenze di fine anno e tanti imprenditori devono fare i conti con un contesto economico aggravato dalle conseguenze della pandemia, del rincaro dei prezzi delle materie prime e del conflitto in corso: un servizio, l'invoice trading, pensato anche per queste situazioni di emergenza e utilizzabile in maniera complementare ai tradizionali finanziamenti bancari o di mercato, nell'ottica di migliorare il proprio rating in una prospettiva di medio e lungo periodo.

    L'invoice trading per migliorare bilancio e rating bancario

    Il rating bancario è un indicatore rappresentativo della probabilità di fallimento di un'azienda entro un tempo predefinito. Esso può variare nel corso del tempo in base ai risultati del bilancio d'esercizio, al variare del rischio di settore o della zona di operatività, l'andamento dei conti, degli insoluti, delle segnalazioni in Centrale Rischi, ed essere influenzato da fattori qualitativi come l'importanza del marchio, la qualità del management o la storicità dell'azienda. Non vi è dubbio che il bilancio rappresenti una componente fondamentale nella misurazione del rating da parte di una determinata banca.

    In questo contesto, come abbiamo visto nell’esempio menzionato all’inizio dell’articolo, l'invoice trading può avere un effetto positivo tramite la trasformazione di asset semi-illiquidi come i crediti commerciali in liquidità immediata, senza generare debito nel passivo dello stato patrimoniale (come nel caso di un’operazione pro solvendo, come avviene nell’anticipo fatture bancario) e trasferendo interamente il rischio in capo all'acquirente del credito commerciale stesso.

    Non sei ancora cliente CashMe?

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  • PMI italiane: a che punto sono i finanziamenti da capitali di rischio

    Un Paese dai tanti primati, sia in positivo che in negativo: è, quest'ultimo, il caso dei finanziamenti basati sul mercato dei capitali verso le piccole e medie imprese italiane, secondo quanto emerge dal rapporto "Unione dei mercati dei capitali - Indicatori chiave dell'andamento" realizzato dall'Associazione per i mercati finanziari in Europa (AFME) in collaborazione con altre undici organizzazioni europee e internazionali.

    Secondo quanto si legge nel rapporto, ripreso tra gli altri anche da borsaitaliana.it, ad oggi solo il 7,8% delle società fanno ricorso a forme di finanziamento basate sul mercato, in ulteriore calo rispetto all'11,5% del 2021. In calo le emissioni totali di cartolarizzazioni, del 57% rispetto al 2021 e del 75% rispetto al 2019. Non va meglio sul fronte bancario: se l'erogazione di nuovi prestiti cresce dell'8% rispetto al 2021, il calo sui livelli pre-pandemia viaggia in doppia cifra (-17%).

    Non è un caso, quindi, che in un contesto sempre più caratterizzato dal venir meno dei finanziamenti di origine bancaria - e da una cronica mancanza di finanziamenti provenienti dal mercato di capitali - stia emergendo sempre più un nuovo panorama di soluzioni innovative per rispondere al fabbisogno di liquidità delle piccole e medie imprese italiane. Secondo lo stesso report, infatti, l'introduzione di "sandbox normative" ha contribuito a una crescita dell'ecosistema FinTech dal 2021 al 2022, come già avevamo avuto modo di sottolineare su questo stesso blog in un precedente articolo.

    Da notare, infatti, come la disponibilità di soluzioni di finanziamento alternative - come la nostra piattaforma Cashme di invoice trading online per la cessione dei crediti commerciali - rispetto ai tradizionali canali di finanziamento sia ancora oggi per lo più un fenomeno poco rilevato dai media e dalle ricerche che fotografano solo i grandi movimenti di capitali. Il pregio di un report come questo consiste invece proprio nel rilevare come, sottotraccia, quello che fino a pochi anni fa era ancora un movimento d'avanguardia sta diventando sempre più un attore primario del sistema, contribuendo con l'aiuto della tecnologia a rispondere a un'esigenza di liquidità e finanziamenti mai venuta meno del tutto, ma che gli attori tradizionali non possono o non vogliono più soddisfare.

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  • Supply Chain: dall’approccio tradizionale alla Supply Chain Finance vera e propria

    Il tema, tra gli operatori specializzati in factoring, anticipo fatture bancario e nuove forme di finanza alternativa come l'invoice trading e il reverse digitale, è di quelli molto sentiti: la propensione dei clienti e prospect a servirsi di un solo strumento di finanziamento della supply chain, spesso sempre lo stesso, anziché servirsi di più prodotti e schemi di finanziamento contemporaneamente per soddisfare alle migliori condizioni possibili le proprie esigenze di liquidità.

    Le differenze tra approccio tradizionale e Supply Chain Finance vera e propria

    Molto interessante, in questo senso, è l'approfondimento pubblicato da Giulia De Vendictis, Trade & Export Finance Senior Officer di Maire Tecnimont su Econopoly, che soprattutto nelle sue battute conclusive si sofferma sul cosiddetto "approccio tradizionale" al finanziamento della supply chain, spesso limitato un solo prodotto, un solo schema di finanziamento, un'ottica prevalentemente bilaterale (un fornitore e un acquirente) e un livello di intermediazione che arriva, al massimo, al rapporto con la tradizionale e abituale banca finanziatrice.

    Come sottolineato dalla stessa autrice, al contrario, "la Supply Chain Finance permette di utilizzare varie forme tecniche, combinando e includendo più prodotti o soluzioni di Trade Finance tradizionale". La Supply Chain Finance, infatti, nella sua forma ottimale prevede l'utilizzo combinato di strumenti tradizionali - l'anticipo fatture bancario, il factoring - con altri strumenti di finanza alternativa o, meglio, complementare, come l'invoice trading online su piattaforme come CashMe, che integrano e potenziano la possibilità di ricorso a quelli tradizionali.

    L’utilità della finanza complementare per l’accesso alla finanza tradizionale

    Nello specifico, e soprattutto in un momento come quello del bilancio di fine anno, il ricorso a strumenti come l'invoice trading online permette infatti di presentarsi dagli istituti finanziari tradizionali negoziando da una posizione di maggiore forza negoziale, rispetto a quella che si avrebbe utilizzando un approccio tradizionale al finanziamento del capitale circolante dell’impresa stessa.

    Grazie alla cessione pro soluto delle fatture tramite piattaforme di invoice trading online, infatti, le aziende che cedono i crediti commerciali possono migliorare il proprio rating bancario senza aggiungere ulteriore debito, potendo così godere di condizioni di accesso al credito per l’anticipo delle fatture più vantaggiose di quanto non avrebbero potuto ottenere se avessero utilizzato solo la banca come canale di finanziamento.

    L’utilizzo di strumenti digitali indipendenti, infine, in un contesto di riduzione dell’accesso al credito generalizzato e verso le PMI in particolare, riduce al minimo il livello di interazione con le banche finanziatrici, come sottolineato dalla stessa De Vendictis: un ulteriore livello di autonomia, ma anche di diversificazione dei canali di finanziamento, che non può che aiutare aziende e soprattutto PMI già fin troppo dipendenti dal sistema finanziario tradizionale.

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  • Alberto Cerini, CTP: l’invoice trading può accelerare il risanamento aziendale

    Molte PMI oggi si trovano ad affrontare sfide eccezionali. Il nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza come può intervenire in loro aiuto?

    Le piccole e medie imprese italiane, che sono sicuramente l’ossatura della nostra economia, negli ultimi anni hanno dovuto fronteggiare sfide eccezionali quali pandemia, inflazione, aumento dei tassi di interesse, guerra, scarsità di materie prime e costi energetici in grande aumento.

    In questo contesto straordinario, il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) può sicuramente venire in soccorso delle PMI, avendo tra i suoi principi ispiratori proprio quello della salvaguardia della continuità aziendale, a discapito di accordi liquidatori resi più onerosi, e quello della buona fede e correttezza nelle trattative, richiamando quindi tutti i soggetti coinvolti da una crisi aziendale (creditori e debitore) a lavorare insieme per la ricerca di soluzioni di risanamento. Per quanto riguarda la salvaguardia della continuità aziendale, il CCII tutela ora quest’ultima al pari della par condicio creditorum, purché ovviamente il risanamento risulti più conveniente della liquidazione, e ciò si esplica sotto vari profili, quali, a titolo esemplificativo, la possibilità di realizzare un concordato in continuità sia in via diretta che indiretta, l’assenza di percentuali minime ai creditori chirografari nel concordato in continuità rispetto al concordato liquidatorio e la possibilità di soddisfazione extra concorsuale dei creditori strategici essenziali all’attività d’impresa.

    Il CCII prevede nel concreto degli strumenti in grado di anticipare situazioni di crisi?

    La tempestività dell’intervento di risanamento aumenta in misura significativa le probabilità di successo di un turnaround e, pertanto, un’ottica forward-looking che consenta di anticipare i segnali di crisi è fondamentale. Il Codice della crisi riconosce l’importanza di questo approccio ed ha quindi rafforzato l’obbligo per tutte le società di dotarsi di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili in grado di prevedere e di contrastare la crisi d’impresa. Tale previsione normativa deve affiancarsi all’intervento e al supporto dei consulenti e manager dell’impresa, al fine di assistere imprenditori e amministratori nell’implementare un sistema di KPI (Key Performance Indicators) che colga per tempo i segnali della crisi, anche quando inizialmente sono deboli, ma ugualmente identificabili.

    Tali indicatori, a mio avviso, devono essere in grado di cogliere le difficoltà ben prima che siano segnalate dagli warning derivanti da quando previsto dal CCII all’art. 3 comma 4: retribuzioni scadute da 30 giorni per almeno il 50% dell'ammontare complessivo mensile; fornitori scaduti da almeno 90 giorni superiori a quelli non scaduti; banche scadute o in extra fido da più di 60 giorni per almeno il 5% delle esposizioni; esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall'articolo 25-novies, comma 1 relative alle segnalazioni dei creditori pubblici qualificati. Gli indicatori previsti dal CCII sono a mio avviso troppo tardivi e unicamente rivelatori di uno stato di crisi già avanzato e questo rappresenta sicuramente un punto di miglioramento su cui intervenire.

    Come deve evolvere l’approccio al Corporate Turnaround in questo nuovo contesto?

    Le sfide che le imprese stanno fronteggiando sono di una tale complessità e straordinarietà che solo un’assistenza multidisciplinare può assicurare elevate possibilità di successo. L’approccio al Corporate Turnaround, pertanto, deve coinvolgere competenze manageriali in situazioni distressed, finanziarie e legali, che devono essere espresse da un pool di professionisti e manager specializzati, sia interni che esterni all’impresa. Tale team deve trovare la sua guida nel CRO, Chief Restructuring Officer, che è il manager della crisi con provata esperienza di turnaround management in contesti di crisi finanziaria e che abbia anche la necessaria conoscenza degli strumenti legali offerti alle imprese in crisi.

    Gli imprenditori, che spesso si trovano ad affrontare situazioni di crisi per la prima volta e faticano quindi a decidere a chi affidarsi, possono selezionare i CRO nell’albo dei CTP, Certified Turnaround Professionals, gestito da EACTP, la European Association of Certified Turnaround Professionals.

    Quale sarà, infine, il ruolo degli strumenti di finanza alternativa per prevenire l'aggravarsi della crisi?

    Nei processi di turnaround è sempre fondamentale la velocità di azione e la specializzazione degli operatori finanziari che assistono le imprese in crisi. Tra i cosiddetti strumenti definiti di Fintech, o di finanza alternativa, una primaria importanza è rivestita dall’invoice trading tramite lo smobilizzo delle fatture commerciali, cioè la cessione di un credito commerciale, generalmente pro soluto.

    L’invoice trading permette alle imprese di migliorare la gestione del cash flow, ottenendo un anticipo di cassa, dopo aver valutato non tanto il rating della società in crisi quanto quello del debitore ceduto e questo meccanismo permette di sostenere anche imprese con un rating critico, dove è improbabile che le banche concedano nuove linee di anticipo fatture, aumentando il proprio livello di rischio. Un altro aspetto importante che caratterizza i soggetti impegnati nell’invoice trading è la tempestività di risposta nei confronti delle imprese in crisi cedenti i crediti, garantita anche dall’utilizzo di piattaforme digitali innovative che facilitano l’interazione tra le PMI cedenti il credito e l’investitore terzo, velocità di azione che è vitale nei risanamenti aziendali.

    Alberto Cerini
    Board Member European Association of Certified Turnaround Professionals

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  • PMI: quante sono realmente pronte alla rivoluzione ESG?

    Enel, Eni, Ferrari, Fs, Generali, Marcegaglia Steel, Pirelli, Poste Italiane, Unicredit, Webuild, ma anche le principali PMI globali dell'industria, della finanza, dei servizi: sono questi i protagonisti della classifica dei “200 leader della sostenibilità” realizzata annualmente dal Sole 24 Ore e dalla società di analisi Statista, che dimostra come né la pandemia né la guerra in corso abbiano invertito il cammino verso la sostenibilità attraverso obiettivi e iniziative concrete.

    Rispetto alla prima edizione, ora sono sempre di più le aziende e le PMI sostenibili e trasparenti

    Rispetto alla prima edizione risalente al 2021, il report fotografa ora una situazione in cui quasi tutte le grandi aziende e le principali PMI hanno intrapreso politiche di sostenibilità complete, trasparenti e con chiaro riferimento ai 17 obiettivi ONU di sviluppo sostenibile da raggiungere entro la fine del decennio. Elemento ancora più importante, in questo contesto, il fatto che molte delle aziende prese in esame abbiano cominciato a includere le performance ESG nei cosiddetti Rapporti di sostenibilità, o nelle Dichiarazioni non finanziarie allegate al bilancio o nei bilanci integrati.

    In questo senso, è importante sottolineare come la compliance normativa – ovvero l’obbligo di rendicontare le attività sostenibili – sia al momento obbligatoria solo per le grandi aziende. Sorprende in positivo, quindi, che le PMI più importanti a livello globale siano già impegnate da mesi a rendicontare le proprie iniziative in tal senso senza alcun intervento esterno: un’intuizione che potrebbe rivelarsi proficua sia nell’immediato, sia ancor più nel lungo periodo. Crisi di mercato dei prodotti e dei metodi di produzione tradizionali, richieste da parte dei clienti e dei consumatori e passaggio generazionale hanno indotto questo cambio, di mentalità ancor prima che di organizzazione.

    Quante sono le PMI davvero pronte ad abbracciare il cambiamento?

    Si pone, a questo punto, la domanda che né i report attuali né probabilmente quelli futuri riusciranno a risolvere: fino a che punto le PMI di ogni ordine e grado, escluse dai radar dei ricercatori o troppo impegnate a concentrarsi sul business per rispondere a questo tipo di sollecitazioni, hanno colto il vento del cambiamento e si stanno impegnando fin d’ora ad adeguarsi alla trasformazione in atto? Il report del Sole 24 Ore e di Statista, infatti, è solo l’ultimo segnale di quanto la sostenibilità sia diventata fondamentale nei rapporti con i clienti come con i fornitori, nelle relazioni con le comunità come con gli enti regolatori. Seguire l’esempio delle aziende “leader”, soprattutto di quelle simili per settore e dimensioni, diventa a questo punto una scelta strategica capace di assicurare la continuità della propria azienda nel lungo periodo: fino a che punto le “altre” PMI sono davvero pronte a farlo?

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  • PMI, caro bollette e occupazione: che cosa dicono i dati

    In attesa che entri nel vivo il dibattito sul potenziale Energy Recovery Fund, che venga fissato un tetto al prezzo del gas, che i meccanismi e le regole di formazione del prezzo dell'elettricità vengano revisionati e i crediti d'imposta ulteriormente potenziati, resta l'amara realtà: sempre più piccole e medie imprese faticano a far quadrare i bilanci, a causa dell'impennata dei costi delle bollette.

    Centinaia di migliaia di PMI a rischio per il caro bollette, milioni di posti di lavoro in bilico

    Secondo Confartigianato sarebbero infatti 881 mila le piccole e medie imprese a rischio a causa del caro bollette, per un totale di 3,5 milioni di posti di lavoro potenzialmente in pericolo su un totale di 43 settori diversi. La regione più esposta è, a sorpresa, la Lombardia, con 139 mila aziende e 751 mila addetti a rischio, seguita da Veneto ed Emilia-Romagna.

    Secondo Confcommercio, sarebbero oltre 120 mila le piccole e medie imprese del solo terziario a rischio, con una perdita potenziale di oltre 370 mila posti di lavoro (senza tener conto delle imprese più grandi). Ragionando in termini percentuali, inoltre, il totale delle PMI non in grado di pagare le bollette da qui al termine dell’anno potrebbe sfiorare il 30% del totale secondo le ultime analisi della Cgia di Mestre.

    Un continuo “drenaggio” di risorse che va a intaccare la liquidità disponibile in cassa

    Di tutte le ricerche disponibili, quella che fotografa con più lucidità la realtà ci sembra essere tuttavia quella di Confesercenti. Secondo quest’ultima, relativa alle sole imprese del commercio e del turismo ma valida anche per molti altri settori, la spesa che le aziende di settore dovranno sostenere nel 2022 a causa del caro energia sarà pari a 15 miliardi di euro rispetto agli 1,7 miliardi raggiunti nel non lontano 2019.

    Un vero e proprio “drenaggio” di risorse che va a intaccare la liquidità disponibile in cassa, con conseguenza finora inimmaginabili per via di un possibile “effetto domino” verso famiglie, imprese, occupazione e consumi. Un’emergenza che attende da diverse settimane l’arrivo di una delle tante soluzioni fin qui prospettate, nella speranza che la combinazione di più di una di esse possa offrire alle aziende oggi in difficoltà un’opportunità per oltrepassare il momento più difficile e guardare con ottimismo al futuro.

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  • PMI e invoice trading: come continuare a finanziare il capitale circolante

    Più che un timore, una previsione che si sta ormai autoavverando: la prospettiva di recessione a cui si stanno preparando le aziende sta già portando queste ultime a modificare le proprie strategie e prendere decisioni che con ogni probabilità avranno un impatto anche sulla filiera dei fornitori in termini di liquidità, ordinativi, scorte di magazzino e possibilità di accesso al credito.

    Overstock e posticipo dei pagamenti le due maggiori criticità secondo la ricerca di I-AER

    È quello che emerge dalla ricerca condotta da I-AER, specializzato sul monitoraggio del tessuto imprenditoriale nazionale, in collaborazione con Aida Partners PR. I dati, anticipati questa settimana da un articolo di Milano Finanza, sono quelli tipici di uno scenario da stretta creditizia e forte contrazione dei margini, paventata o – per alcuni imprenditori - già in corso di svolgimento.

    La ricerca, in particolare, sottolinea come siano due le maggiori criticità a cui le PMI dovranno far fronte da qui ai prossimi mesi: da un lato l’accumulo di importanti quantitativi di merci nei magazzini, già pagate delle aziende, e dall’altro il costante rallentamento degli ordinativi e il posticipo dei pagamenti da parte dei clienti finali. Una condizione, quella appena descritta, che potrebbe mettere in forte difficoltà le aziende con meno disponibilità di cassa o con un forte bisogno di liquidità nel breve periodo, a cui andranno incontro almeno sette PMI su dieci da qui alla fine dell'anno secondo gli autori del report.

    Il venir meno del supporto delle banche e il posticipo degli investimenti

    Dallo studio di I-AER emerge chiaramente quale sarà il possibile punto di rottura di una situazione sempre più instabile e imprevista fino a poco tempo fa: il venir meno del supporto delle banche, dovuto all'aumento dei tassi e all'atteggiamento sempre più conservativo degli istituti finanziari. La stretta sul credito, tuttavia, porterà le PMI non solo incontro a problemi di liquidità momentanei, ma anche a posticipare gli investimenti non strategici: una scelta fatta propria già da 8 imprenditori su 10.

    La soluzione? Non semplice da trovare, anche se la digitalizzazione dei processi e la trasformazione in ottica sostenibile del business sembrano essere secondo gli autori dello studio le uniche due decisioni sensate in grado di garantire la sopravvivenza e la continuità aziendale nel lungo periodo. Nell'immediato, tuttavia, è importante per gli imprenditori trovare fin da subito soluzioni immediate a un problema di liquidità che potrebbe farsi sempre più grave nell'arco di poche settimane.

    L’invoice trading per finanziare il capitale circolante senza nuovo indebitamento

    Se i clienti posticipano i pagamenti, se gli ordinativi calano e le linee di credito si assottigliano, infatti, è importante servirsi di tutti gli strumenti finanziari disponibili per far fronte alle necessità di finanziamento del capitale circolante. Tra gli strumenti innovativi, in questo senso, rientra l’invoice trading online su piattaforme come CashMe, per la cessione pro-soluto dei crediti commerciali in cambio di liquidità immediata, in maniera flessibile e senza ricorrere a nuovo indebitamento.

    In questo senso, è importante notare come non esista un’unica soluzione valida per tutte le imprese e tutti gli imprenditori di fronte a una situazione di crescenti difficoltà: alternare l’utilizzo di soluzioni di finanziamento complementari e innovative rispetto ai servizi e agli strumenti più utilizzati, rivedere il piano di investimenti senza tuttavia smarrire del tutto la strada verso l’innovazione e la sostenibilità, ridurre il quantitativo di stock in magazzino ma senza farsi poi trovare impreparati al momento della ripresa sono soluzioni complesse a problemi altrettanto complessi, ma meno irrazionali del semplice “aspettare”.

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  • Credito alle imprese: non si ferma il rallentamento dei prestiti bancari


    Anche i decimali possono fare la differenza, soprattutto quando si tratta di prestiti alle aziende in crisi di liquidità: è questa la conclusione a cui giunge l'ultima Elaborazione Flash dell'Ufficio Studi di Confartigianato sulle "Tendenze del credito alle imprese nella primavera 2022", secondo cui rispetto a una crescita dell'1,7% dei prestiti al totale delle imprese italiane nel primo trimestre di quest’anno, quelli destinati alle micro e piccole imprese non hanno superato l'1,1% di crescita totale.

    Nel primo trimestre del 2022 è salita, così, in maniera diffusa su tutto il territorio nazionale la quota di imprese che hanno segnalato molteplici difficoltà di accesso al credito: il 15,7% delle aziende con più di tre dipendenti ha riscontrato criticità frequenti nella liquidità e nella gestione delle fonti di finanziamento, al punto da rinviare o annullare del tutto i piani di sviluppo per questo primo semestre dell’anno.

    Le aziende diversificano le fonti di finanziamento: dall’invoice trading al dynamic discounting

    Nel breve periodo, dopo la fine delle ultime misure di sostegno statali, la contrazione dell'accesso al credito potrebbe rivelarsi ancora più accentuata di così: se secondo i dati di Confartigianato la crescita dei prestiti bancari alle piccole imprese aveva toccato la percentuale più alta nell'ultimo trimestre 2020, facendo segnare un +6,8% rispetto al periodo precedente, il rallentamento cominciato nella prima metà del 2021 ha toccato nell'ultimo trimestre il dato peggiore degli ultimi due anni.

    In questo contesto, non sorprende che un numero crescente di aziende abbia cominciato da tempo a diversificare le fonti di finanziamento, come sottolineato anche dall'ultima ricerca dell'Osservatorio Supply Chain & Finance del Politecnico di Milano e dalle stesse testimonianze dei nostri clienti: piattaforme di Reverse Factoring, Invoice Trading, Confirming e Dynamic Discounting hanno raggiunto un totale di oltre 9 miliardi di euro di liquidità totale raccolta e incanalata a vantaggio di aziende di tutte le dimensioni.

    La crescita media di queste soluzioni di finanziamento, infatti, ha raggiunto nel corso degli ultimi dodici mesi percentuali in doppia cifra: rispetto al +5% del factoring, al +1% dei prestiti bancari e allo 0% dell’anticipo fatture, il +69% di crescita media degli strumenti di finanziamento alternativi contrasta con i ben più scarni decimali di crescita dei finanziamenti “tradizionali”, a tutto vantaggio degli imprenditori che hanno scelto di esplorare strade nuove senza attendere il ritorno di tempi migliori.

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  • Fintech e banche: che cosa dicono i clienti

    Un cliente su due non ritiene né "gratificante", né "coinvolgente" né "divertente" la relazione con il proprio fornitore di servizi: percentuale che farebbero notizia in qualsiasi settore, ma che nel mondo bancario è ormai diventata la norma da alcuni anni a questa parte, complice la crescita in tutto il mondo di alternative tecnologiche ad alto valore aggiunto e sempre più competitive.

    I numeri del World Retail Banking Report di Capgemini ed Efma

    Sono i numeri che emergono dal nuovo "World Retail Banking Report 2022" condotto da Capgemini ed Efma a partire da due indagini che hanno coinvolto oltre 8.000 tra clienti e dirigenti bancari e che dimostrano, se mai ce ne fosse ancora bisogno, come la percentuale di clienti insoddisfatti (50%) coincida sempre più con la percentuale di clienti bancari interessati all'offerta di servizi fintech.

    Facilità, velocità, risparmio dei costi sono infatti i vantaggi che il 75% dei clienti “insoddisfatti” dai servizi tradizionali apprezzano maggiormente nelle aziende innovative. Secondo i risultati del report, le fintech sarebbero avvantaggiate dall’utilizzo avanzato dei dati e dai maggiori margini di manovra concessi dai regolatori per stimolare la concorrenza nell'ambito del mercato dei servizi finanziari.

    Anche nel mondo del supply chain finance i servizi tradizionali segnano il passo

    In questo contesto, appare tanto più evidente la differenza tra offerta di servizi tradizionali e servizi innovativi quanto più ci si allontana dall'ambito dei servizi bancari rivolti ai risparmiatori e ci si avvicina a quello dei servizi rivolti alle imprese: nel caso del supply chain finance, ad esempio, gli ultimi dati dimostrano il definitivo rallentamento dell'anticipo fatture bancario rispetto alla crescita costante dei servizi fintech quali l'invoice trading, il dynamic discounting e il confirming.

    Se è ancora presto anticipare quali saranno le future quote di mercato tra banche e fintech, è importante fin da subito notare come i fornitori di servizi di maggior successo si siano da tempo collocati in una nicchia del mercato in costante espansione: quella di chi non si pone come "alternativa" tout court alle banche, quanto di fornitore di servizi complementari - e innovativi - rispetto a quelli bancari, per rispondere alle esigenze di PMI e imprese. Esigenze che comprendono, ovviamente, anche il fatto di ricevere un servizio gratificante, coinvolgente e, perché no, divertente grazie alla facilità dell'esecuzione.

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  • Alberto Cerini, EACTP: l’invoice trading può favorire il turnaround aziendale

    La EACTP, European Association of Certified Turnaround Professionals, è un’organizzazione europea che mira a promuovere standard elevati nella gestione dei turnaround aziendali e di cui possono diventare e rimanere membri solo i professionisti in grado di dimostrare qualifiche accademiche pertinenti, competenze, significativa esperienza e pratica continua. Inoltre, l’organizzazione ha istituito il primo programma universitario che permette ai professionisti del turnaround di ottenere un accreditamento a livello europeo, che conferisce un indiscusso vantaggio in un settore competitivo quale è quello del turnaround.

    In questo contesto, Alberto Cerini, dopo una prima esperienza come Certified Turnaround Professional da maggio 2021 a marzo 2022, è stato chiamato nel Board europeo di EACTP per rappresentare il nostro Paese e promuovere a livello italiano ed europeo la figura del CTP, già ampiamente diffusa in USA e UK: pochi, più di lui, possiedono oggi una visione d’insieme delle conseguenze della crisi economica sui processi di cambiamento e rinnovamento aziendale, e sul ruolo che gli strumenti di finanza alternativa possono ricoprire per favorire processi di turnaround con il supporto di professionisti qualificati.

    Dottor Cerini, quali sono le conseguenze della crisi economica in atto e in che misura queste sono collegate con eventuali processi di turnaround?

    La crisi economica attuale sta avendo conseguenze disruptive da vari punti di vista: alcuni mercati sono ora inibiti agli scambi, molte società hanno dovuto rivedere la loro supply chain e fare i conti con rialzi inattesi di materie prime e utilities. Questi shock hanno colpito ulteriormente società già duramente provate da due anni di pandemia, dalla quale, tra l’altro, sono uscite, nella maggior parte dei casi, oltre che con livelli di fatturato e margini molto più contenuti, anche con livelli di indebitamento molto alti, causati dalla grande iniezione di liquidità che l’Europa ha permesso ai propri Stati membri di far arrivare alle imprese.

    Ora, con la fine delle moratorie sui debiti bancari, sono ripresi i rimborsi dei finanziamenti contratti, sia quelli antecedenti la pandemia sia quelli ottenuti durante la stessa, e la nuova crisi di mercato indotta dal conflitto ucraino sta causando a diverse società una forte crisi economica e finanziaria che ne mina anche la capacità di restituzione dei finanziamenti contratti. Questa combinazione di fattori porterà sicuramente ad un grande aumento dei processi di turnaround.

    Come è cambiato, nel corso del periodo recente, il lavoro di un professionista di turnaround?

    Un professionista del turnaround si trova a mio avviso ad affrontare in questo periodo sfide sempre più complesse, dove all’instabilità economica legata a fattori esogeni alle imprese (Covid, guerre) si aggiunge anche un proliferare di nuova legislazione in ambito di crisi di impresa, anche dovuta al recepimento nel nostro ordinamento della Direttiva Insolvency europea.

    Un professionista del turnaround deve affrontare queste sfide comprendendo che, oltre alle competenze manageriali, finanziarie e giuridiche proprie del ruolo, l’urgenza e la complessità sono tali che un turnaround di successo può essere realizzato solo tramite interventi tempestivi di più soggetti operanti in team, sotto la direzione di un CRO, Chief Restructuring Officer. È ovviamente importante per le imprese farsi assistere da soggetti qualificati e di provata esperienza, quali i CTP.

    In che misura le imprese coinvolte in un processo di questo tipo possono beneficiare di servizi di cessione del credito innovativi, come l'invoice trading?

    Nei processi di turnaround è sempre fondamentale la velocità di azione e gli istituti di credito - nonostante la normativa li spinga ad una maggiore collaborazione e tempestività - sono tuttora ancora piuttosto prudenti con le imprese in crisi e tendono ad indietreggiare in casi di imprese che presentano rating critici. I soggetti che si occupano di invoice trading hanno invece ad oggi una struttura decisionale interna snella che consente maggiore prontezza di risposta alle esigenze delle imprese. Inoltre, il fatto di valutare il finanziamento del circolante di una società basandosi non tanto sul rating della stessa quanto su quello del cessionario del credito permette di sostenere anche imprese con un rating critico, con un indubbio vantaggio nel favorire il successo dei processi di turnaround.

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  • PMI e Supply Chain Finance: l’importanza della strategia e delle competenze

    Per gli esperti e gli studiosi del settore è ormai un dato di fatto, per gli imprenditori e gli startupper non necessariamente: la Supply Chain Finance, a cui il Politecnico di Milano ha dedicato un intero Osservatorio di ricerca attivo da oltre otto anni, è un tema tanto discusso quanto poco conosciuto, soprattutto tra coloro che potrebbero ottenere i maggiori vantaggi da una strategia di diversificazione delle fonti di accesso alla liquidità per il finanziamento del capitale circolante.

    Il ricorso al Supply Chain Finance come conseguenza del verificarsi di due criticità ormai endemiche

    Secondo Antonella Moretto, professoressa associata di Supplier Relationship Management del Politecnico e autrice di un interessante approfondimento per il Sole 24 Ore, oggi più che mai è importante stimolare tra gli imprenditori una maggiore conoscenza delle soluzioni di Supply Chain Finance in seguito al consolidarsi di due condizioni ormai endemiche nello scenario economico attuale: i tempi di pagamento dei debiti commerciali, attestati ormai su un valore medio di oltre 90 giorni, e la perdurante difficoltà delle piccole imprese di accedere - a condizioni vantaggiose - al credito tradizionale.

    Le soluzioni di liquidità alternative devono essere adeguate e flessibili alle esigenze degli imprenditori

    In questo contesto, secondo l'autorevole professoressa, si rendono "necessarie" delle modalità di accesso a "liquidità alternative, che siano adeguate a piccoli importi e allo stesso tempo anche più flessibili": che si tratti di reverse factoring, dove l'azienda capofiliera favorisce la cessione delle fatture dei propri fornitori verso factor o altri soggetti specializzati come CashMe, o che si tratti di soluzioni innovative quali l'invoice trading, il dynamic discounting, l'inventory financing, oggi non mancano di certo le soluzioni a disposizione delle aziende per finanziare il proprio capitale circolante al di fuori del sistema bancario.

    L’importanza dei criteri ESG e della collaborazione tra tutti gli attori dell’ecosistema di supply chain

    Infine, degno di nota è l'importanza - sollevata dalla professoressa Moretto, e su cui più volte ci siamo soffermati anche sul nostro blog - riguardante il sempre più stretto "connubio" tra i criteri ESG e la valutazione dell’effettiva sostenibilità di un’impresa o dei suoi fornitori, per assicurare una valutazione tanto più accurata del rischio dei singoli attori in gioco. "Tutto ciò - conclude Moretto - per essere sfruttato adeguatamente richiede competenze adeguate, da parte delle diverse funzioni aziendali e dei diversi attori, e soprattutto collaborazioni lungo la filiera e tra attori parte di questo ecosistema". Affermazioni che non potrebbero trovarci più d’accordo, e che sentiremo ripetere sempre più spesso nei prossimi anni.

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  • Tra sopravvivenza e ripartenza: le PMI nella morsa della liquidità

    Due anni, e poco più: tanto è durata l'inversione di tendenza nelle possibilità di accesso al credito da parte delle PMI italiane, dopo quasi dieci anni di progressiva contrazione. Tra il 2020 e il 2021 le PMI del nostro Paese hanno potuto beneficiare di migliori condizioni di accesso al credito, con una crescita del 15% delle aziende con disponibilità di accesso a prestiti bancari (rispetto a una media europea ferma al 4%), un calo del 12% dei tassi di interesse e un aumento del 10% dei prestiti totali disponibili.

    La crescita delle possibilità di accesso al credito è venuta meno con la fine dei sostegni pubblici

    I dati, elaborati da un articolo de LaVoce a partire dall’ultima “Survey on the Access to Finance of Enteprises” della Commissione Europea, dimostrano - più che l’importanza dei comunque ottimi risultati raggiunti con la messa a disposizione di garanzie pubbliche e moratorie sui prestiti - fino a che punto le possibilità di accesso al credito da parte delle micro, piccole e medie imprese italiane si fossero ridotte in maniera drastica nel corso degli ultimi anni.

    Una condizione di scarsità che, purtroppo per molti, sembra essere destinata a diventare di nuovo la norma nei prossimi mesi: sempre secondo i numeri elaborati dalla stessa fonte, questa volta su dati Ocse (“Financing SMEs and Entrepreneurs 2022: An OECD Scoreboard”), i piani di ripresa per il dopo pandemia assegnano solo il 2,2% delle risorse totali alle PMI rispetto al 25% raggiunto dai finanziamenti allocati con le misure emergenziali, queste ultime venute per lo più a esaurimento nel corso dell’ultimo anno.

    Risorse sempre più risicate, che la finanza alternativa può in parte compensare o stimolare

    In uno scenario di risorse sempre più risicate, quindi, che potrebbero non essere sufficienti a garantire la sopravvivenza di molte imprese né tantomeno ad accompagnare quelle più sane nel processo di trasformazione in chiave digitale, ecologica e di competenze possedute dai lavoratori, è importante sottolineare il ruolo che la finanza alternativa può assumere per fornire liquidità alle aziende e, soprattutto, consentire a queste ultime di migliorare la propria posizione negoziale nei confronti delle banche.

    Servizi di invoice trading e di reverse digitale, come quelli forniti da CashMe a piccole e medie imprese in tutta Italia senza necessità di garanzie né di segnalazioni in centrale rischi, diventano infatti in questo momento tanto più importanti quanto più le aziende necessitano di finanziare il proprio capitale circolante (o quello dei propri fornitori) senza avere né l’interesse, né tantomeno la possibilità di contrarre nuovo debito. Con la cessione pro soluto su CashMe, infatti, le aziende migliorano il proprio bilancio e il proprio rating, acquisendo la possibilità di ottenere condizioni migliori di accesso ai prestiti in futuro: numeri forse ancora piccoli per le statistiche Ocse, ma che tuttavia fanno ben sperare.

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  • Caro materie prime e liquidità: l’invoice trading per le PMI

    Prezzi quadruplicati: per fortuna non sono (ancora) quelli della benzina al distributore, ma cosa non meno grave sono quelli del nichel che nell'arco di meno di due giorni la scorsa settimana ha superato i 100 mila dollari a tonnellata fino alla sospensione delle contrattazioni al London Metal Exchange (Lme). L’evento è stato così raro che, a memoria d’uomo, bisogna tornare al 1985 per ricordare una situazione simile (allora le sospensioni avevano riguardato lo stagno, dopo il collasso dell’International Tin Council).

    I costi delle materie prime scaricate sul cliente finale o sulla continuità della produzione

    La notizia, di per sé, è solo l’ultima di una serie di segnali sempre più allarmanti, come riportato tra gli altri anche dal Sole 24 Ore: i costi delle materie prime sono in tensione da mesi e la corsa al rialzo sta penalizzando soprattutto le PMI, costringendo molte di queste ultime a scaricare i costi sul cliente finale quando non a fermare del tutto la produzione, pur di non indebitarsi ulteriormente.

    Le condizioni di accesso al credito non migliorano: 10 miliardi in meno in dieci anni per le PMI

    Già, indebitarsi: con la fine delle moratorie sui prestiti garantiti dallo Stato non si è ancora verificato l'effetto "credit crunch", temuto dalla maggior parte degli analisti, ma le possibilità di accesso al credito bancario non sembrano per questo essere più accessibili di prima, se è vero che – come riportato da Milano Finanza – negli ultimi dieci anni i prestiti alle PMI italiane sono calati di ben oltre i 10 miliardi di euro.

    Alla ricerca di un’alternativa rispetto alle soluzioni esistenti, in attesa del ritorno alla normalità

    In questo contesto, la perdurante incertezza sui mercati internazionali, la strozzatura delle linee di approvvigionamento e una generalizzata difficoltà di accesso al credito rende necessario quanto prima esplorare soluzioni alternative per assicurare la continuità aziendale in vista di tempi non facili: l’alternativa è aspettare, speranzosi, che almeno una di queste variabili rientri presto alla normalità.

    La cessione dei crediti commerciali in modalità pro-soluto con CashMe

    La soluzione? Noi di CashMe ne forniamo una che, come dimostrano le testimonianze dei nostri clienti, ha già dimostrato di essere particolarmente efficace in contesti come questo: grazie alla nostra piattaforma di invoice trading è possibile infatti cedere i propri crediti commerciali in modalità pro-soluto a investitori istituzionali, evitando di indebitare ulteriormente la propria azienda in un contesto così incerto.

    I vantaggi dell’invoice trading quando si necessità di liquidità immediata in tempi di variabilità dei prezzi

    L’invoice trading ha infatti il vantaggio di non richiedere alcuna garanzia né di generare una segnalazione in centrale rischi, ponendosi come soluzione complementare al credito bancario dell’anticipo fatture tradizionale, soprattutto in momenti in cui la necessità di liquidità è massima e altrettanto variabili sono le voci di spesa nel breve termine: a giudicare dalle recenti notizie, una condizione che durerà ancora a lungo.

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  • Mariarosa Farinetti, Yotta Tecnologie: “con CashMe abbiamo potuto soddisfare le nostre esigenze finanziarie”

    Sul mercato da oltre 30 anni, primo Management Security Services Provider al 100% italiano e certificato ISO 27001, Yotta Tecnologie è un’azienda leader nel settore della Cyber Security e cliente CashMe dal 2020. Operativa su tutto il territorio nazionale, con sede a Torino in Corso Svizzera, l’azienda – che garantisce ai propri clienti la continuità del servizio, il rispetto delle norme aziendali e la protezione dai rischi finanziari legati alla sicurezza delle informazioni - è diventata cliente CashMe per poter smobilizzare rapidamente i propri crediti commerciali e far fronte alle esigenze di cash flow in un momento di forte espansione aziendale, come confermato dalla Chief Financial Officer Mariarosa Farinetti.

    Dottoressa Farinetti, quali sono i vostri clienti e come sono cambiate, nel tempo, le loro abitudini di pagamento?

    Le realtà che hanno scelto di affidarsi a Yotta Tecnologie sono principalmente grandi e medie organizzazioni le quali, nel recente periodo, hanno dovuto rispondere in tempi brevi alla necessità di potenziare i loro strumenti e le loro procedure per tutelare al massimo la sicurezza delle informazioni e la continuità del business aziendale. Contemporaneamente, hanno richiesto una maggiore flessibilità finanziaria nella gestione degli acquisti.

    Sono state queste le circostanze che vi hanno portato ad approcciarvi alla soluzione offerta da CashMe?

    Yotta Tecnologie si è trovata, in questo contesto, a dover gestire un improvviso e notevole aumento delle richieste di affiancamento nella progettazione e realizzazione del sistema di gestione della sicurezza delle informazioni. Il periodo di lavoro molto intenso ha avuto immediata ripercussione sulla parte finanziaria dell’azienda, che si è trovata a dover fronteggiare notevoli esigenze di cash flow utili ad aumentare la qualità e la quantità dei servizi offerti.

    Quali sono stati i risultati raggiunti grazie al nostro servizio di invoice trading?

    Grazie a CashMe, Yotta Tecnologie è riuscita a soddisfare le proprie accresciute esigenze finanziarie. Ottimizzare i tempi di cessione ci ha messo subito in condizione di gestire al meglio la destinazione dei flussi finanziari. La snellezza e la trasparenza del servizio offerto da CashMe ci ha consentito di arrivare ad una ottima collaborazione con i nostri clienti. Il fatto di poter contare su un rapporto diretto con il team di CashMe ci ha permesso, con il tempo, di “personalizzare” il servizio di trading invoice in base alle dimensioni e necessità dei nostri clienti.

    Quali sono secondo lei i vantaggi dell’invoice trading di CashMe rispetto ad altri servizi analoghi?

    Sicuramente il rapporto umano e l’attenzione al rating delle aziende: non solo quello finanziario, ma anche il “rating etico” che misura la qualità del lavoro e la professionalità delle persone che lavorano in un’impresa. Un concetto, secondo me, venuto meno con il passare degli anni agli occhi di molti operatori del settore finanziario più tradizionale ma che le persone che lavorano in CashMe hanno saputo far proprio e valorizzare, stabilendo in questo modo una relazione di fiducia in virtù di una selezione ottimale dei propri clienti.

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  • Anticipo fatture online: la risposta alle domande più comuni

    Uno dei dati più significativi emersi nel corso dell’ultima ricerca dell’Osservatorio Fintech del Politecnico di Milano non riguarda tanto gli aspetti quantitativi delle nuove tecnologie applicate all’ambito finanziario quanto gli aspetti qualitativi: nel caso specifico, la fiducia, soprattutto quando si parla di anticipo fatture.
    Fiducia che, nel caso di determinati servizi finanziari, non è chiaro se sia conseguenza di una mancata conoscenza dei nuovi servizi o piuttosto l’abitudine, rafforzata di generazione in generazione, alle vecchie soluzioni: nel caso delle imprese con meno di dieci dipendenti la ricerca dell’Osservatorio non svela, infatti, i motivi per cui oltre sette piccole e micro imprese su dieci preferiscano ancora l’anticipo fatture bancario – che crea nuovo debito – in luogo della cessione pro soluto e definitiva dei crediti commerciali.

    Come funziona l'invoice trading e anticipo fatture online di CashMe

    Per usufruire dei servizi di anticipo fatture online sono sufficienti competenze digitali di base

    Dal nostro punto di osservazione “privilegiato”, in quanto azienda fintech specializzata nell’invoice trading, qualche risposta ci sentiamo in grado di darla: ad esempio, il fatto che ancora oggi ci capita di avere a che fare con clienti che scoprono solo a cose fatte la semplicità con cui è possibile effettuare l’anticipo fatture online, senza disporre di competenze digitali avanzate. Tutto quello di cui c’è bisogno è un computer, un browser per navigare, la capacità di inserire i dati aziendali e caricare le fatture sul portale di CashMe: conoscenze informatiche di base che qualunque imprenditore ormai possiede.

    Pur se avviene online, l’anticipo fatture con CashMe prevede sempre la presenza di un consulente

    Un certo tipo di informazione di massa, tuttavia, negli ultimi tempi ha insistito molto sulla tendenza di alcune aziende fintech all’automazione totale dei processi: un obiettivo forse più auspicato che effettivamente raggiunto, con la conseguenza che oggi anche noi ci ritroviamo ad avere a che fare con imprenditori “spaventati” dall’idea di essere sottoposti alla valutazione di algoritmi opachi e insindacabili. Eppure, non tutte le aziende fintech seguono la medesima strategia: noi di CashMe, ad esempio, abbiamo sempre garantito ai nostri clienti la possibilità di essere accompagnati in tutto il percorso da un consulente, proprio perché riteniamo che la competenza e l’intelligenza umana non possano essere sostituite da una macchina quando si lavora su aspetti fondamentali per la salute finanziaria di un’impresa.

    A differenza dell’anticipo fatture bancario, con l’invoice trading l’attenzione si sposta tutta sul debitore

    Infine, ma qui forse si tratta di una conseguenza della scarsa educazione finanziaria degli italiani ancor prima che degli imprenditori in senso stretto, l’anticipo fatture online nella modalità “invoice trading” non è esattamente la stessa cosa dell’anticipo fatture bancario: i servizi online come CashMe, infatti, sono pensati per effettuare la cessione del credito nella modalità pro soluto con il conseguente trasferimento del rischio finanziario associato a esso al loro acquirente.(cessionario) A differenza dell’anticipo fatture bancario, quindi, quello online non si traduce in un nuovo debito a carico dell’impresa, bensì in un’immissione di liquidità che consente di alimentare il flusso di cassa a breve termine e migliorare i principali indici di bilancio.

    Dal nostro “osservatorio”, per il momento, è tutto.

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  • Esaurimento fidi: dall’anticipo fatture all’invoice trading

    L'aumento è stato il più alto degli ultimi quarant'anni: parliamo dell'inflazione, che a gennaio ha raggiunto il 4,8% ai massimi dall'aprile 1996 secondo l'Istat, dovuta prevalentemente ai rincari dell'energia (ma non solo). L'aumento dei costi di gas, elettricità e materie prime porta già oggi le imprese ad aumentare i costi per i propri clienti, con il rischio di esaurire il fido bancario e non poter più ricorrere allo strumento dell'anticipo fatture o castelletto bancario per alimentare i propri flussi di cassa.

    invoice trading e anticipo fatture, le principali differenze
    I vantaggi dell'invoice trading rispetto all'anticipo fatture tradizionale.

    Esaurimento fidi bancari: quale potrebbe essere l’impatto dell’inflazione sull’anticipo fatture

    La dinamica, se non è ancora diventata la norma, potrebbe esserlo da qui ai prossimi mesi: con la crescita dei prezzi delle materie prime e dell'approvvigionamento energetico, molte aziende potrebbero essere costrette a riversare parte dei costi nelle fatture ai clienti finali. Fatture che però, potrebbero non essere utilizzabili per ottenere liquidità immediata dalle banche a causa di un importo totale maggiore rispetto alla media stimata per il fido bancario, calcolata in un periodo antecedente la dinamica inflattiva.

    Gli ostacoli all’ampliamento del fido per l’anticipo fatture o castelletto bancario

    In questo contesto, molte aziende potrebbero perciò non essere interessate o non essere in grado di estendere i limiti del fido bancario in tempo utile per alimentare i flussi di cassa tramite l'anticipo fatture: la richiesta di determinati documenti non immediati a reperirsi, la presentazione di un bilancio aggiornato e anzitempo potrebbero essere alcuni dei motivi validi per ostacolare le imprese nel richiedere un aumento del castelletto bancario, e adeguare i finanziamenti così ottenuti alle nuove esigenze finanziarie.

    Invoice trading: quando diventa uno strumento da preferirsi rispetto all’anticipo fatture

    L'invoice trading, al contrario dell'anticipo fatture e castelletto bancario tradizionale, nasce proprio per rispondere a questi problemi oggi sempre più frequenti, visto il venir meno delle moratorie sui prestiti e il ritorno più volte annunciato di una nuova "stretta" sul credito. Senza necessità di fornire ulteriori garanzie, infatti, le aziende possono cedere in modalità pro-soluto i propri crediti commerciali a investitori istituzionali tramite piattaforme online come CashMe, evitando di indebitarsi ulteriormente.

    Perché la finanza alternativa va intesa un servizio complementare al sistema bancario tradizionale

    Molte volte si ritiene che la finanza alternativa, come nel caso dell'invoice trading, possa fungere da sostituito vero e proprio del mondo bancario: al contrario, l’obiettivo che questo servizio si pone è quello di agire in maniera complementare alle istituzioni tradizionali, per fornire alle aziende sane ma in temporanea condizione di difficoltà un'alternativa rispetto ai tempi lunghi e alle rigidità dei processi più conosciuti. Un'alternativa, nel verso senso della parola, che permette quindi di guardare ai dati in arrivo giorno dopo giorno con un po' più di fiducia nel futuro.

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  • PMI e passaggio generazionale: solo una su dieci ce la fa

    Otto imprese ogni cento: è la percentuale di PMI che secondo uno studio di Livolsi&Partners, esperti di consulenza aziendale e finanziaria, riuscirebbe a oltrepassare indenne l'appuntamento con il passaggio di testimone dal fondatore o dal team di fondatori alla generazione successiva. Nel doppio dei casi, tuttavia, le aziende prese in esame andrebbero incontro a una liquidazione (16% del totale) tanto definitiva quanto probabilmente evitabile, soprattutto alla luce delle soluzioni oggi a disposizione degli imprenditori.

    Le aziende che sopravvivono al passaggio generazionale sono quelle che si preparano per tempo

    Lo studio, ripreso tra gli altri da Teleborsa, sottolinea infatti come nella maggior parte dei casi la sopravvivenza delle aziende oltre la generazione dei fondatori non sia affatto una conseguenza del caso, né tantomeno di scelte fatte all’ultimo minuto: oltre il 50% delle imprese continuerebbe a operare tramite operazioni di merger&acquisition, mentre nel 23% dei casi rimanenti le imprese andrebbero incontro alla quotazione in borsa. Un’opzione, sottolineano gli autori dello studio, tanto più probabile quanto più l'azienda da tempo viene guidata da sapienti mani "esterne".

    Difficoltà economiche e finanziarie e burocratiche tra gli ostacoli maggiori al passaggio generazionale

    In alternativa, affinché il destino dell'azienda venga affidato interamente alle mani degli eredi naturali del fondatore, è importante inserire per tempo questi ultimi all'interno dei team di lavoro, e anticipare l'insorgere di problemi che uno studio di Confartigianato ha identificato essere i più ricorrenti sulla strada del passaggio generazionale: difficoltà burocratiche, legislative e fiscali, il trasferimento di competenze verso clienti e fornitori e difficoltà di ordine economico e finanziario, oltre ovviamente all’assenza di eredi naturali diretti che può essere solo in parte compensata con la cooptazione di altre figure familiari.

    Obiettivo: individuare interlocutori che sappiano riconoscere il giusto valore economico

    L'obiettivo, sia che si tratti di passaggio generazionale vero e proprio sia che si tratti di M&A, è sempre quello della sopravvivenza a lungo termine di un'idea imprenditoriale e delle persone che hanno contribuito al suo successo. In questo senso, il managing partner di Livolsi &PArtners, Massimo Bersani, sottolinea come sia "necessario trovare la soluzione adeguata alle esigenze degli imprenditori, cercando di individuare fondi di private equity od organizzazioni industriali che sappiano riconoscere il giusto valore economico delle aziende, anche in termini di competenze umane presenti nelle medesime". Un riconoscimento, quello del “giusto valore”, a cui il mondo finanziario e fintech è chiamato a prestare grande attenzione, soprattutto ora che il venir meno di garanzie pubbliche al credito rischia di mettere in difficoltà più di un’azienda “sana” ma impegnata in un difficile percorso di transizione dal vecchio al nuovo, da una generazione all’altra.

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  • Il reverse factoring tra gli strumenti per ripartire nel post-moratorie

    Per alcuni può essere l'ultima chiamata, per altri solo uno dei tanti avvisi di cui tenere conto lungo la strada della ripartenza: la fine (annunciata) delle moratorie sui finanziamenti concessi dalle banche alle imprese è arrivata - il 31 dicembre - in un periodo caratterizzato dalla crescita dei costi energetici, impossibili da scaricare nel breve termine sul prezzo al cliente finale, e un aumento delle difficoltà di accesso al credito bancario che rendono problematica la gestione del debito e della cassa di molte PMI.

    36 miliardi di euro di prestiti tutelati dalle moratorie al 31 dicembre scorso

    Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore, infatti, al 31 dicembre 2021 sarebbero terminate le sospensioni di prestiti bancari per un valore totale di 36 miliardi di euro, di cui 32 miliardi garantiti in base alle previsioni del decreto Cura Italia del 2020 a fronte di oltre 400 mila richieste: ignoto, tuttavia, è il numero delle imprese in grado di ricominciare a rimborsare le rate a partire dalla fine di questo mese.

    180 mila euro il debito residuo delle imprese in moratoria a settembre

    Le esigenze di liquidità per molte PMI potrebbero quindi ripresentarsi nel breve, anche senza rappresentare un problema drammatico: secondo gli analisti di CRIBIS a fine settembre 2021, i contratti di credito alle imprese sotto moratoria erano l’8,7% del totale rispetto al picco del 24,1% raggiunto nell’ottobre 2020. In media, le società di capitali che hanno richiesto le moratorie presentavano fino a pochi mesi fa un debito residuo di circa 180 mila euro complessivi, per un importo medio di 2.700 euro.

    Nel breve periodo sono da prevedersi soluzioni miste per uscire dalla crisi

    Se il rinnovo delle moratorie è stato fin qui chiesto a più voci da parte di associazioni d’impresa, sindacati dei bancari, partiti politici e Associazione Bancaria Italiana, come nota tra gli altri il Corriere, è plausibile che si arriverà nel breve-medio periodo a soluzioni miste volte a incoraggiare le imprese virtuose e che hanno le risorse per accedere alla liquidità a uscire dal regime di moratoria saldando i propri debiti, sostenendo invece con garanzie pubbliche l’uscita graduale delle aziende più compromesse.

    Private equity e reverse factoring per supportare aggregazioni e crescita delle aziende

    Degna di nota, in questo senso, è l’opinione di Nino Lombardo – senior partner dello studio DLA Piper – intervistato da Repubblica Economia: in un contesto così incerto, è probabile che anche le PMI più virtuose andranno incontro a processi di aggregazione verticali e orizzontali, che potranno essere sostenuti dall’apporto di capitali privati provenienti dal private equity per far fronte all’impennata generale dei costi di noli e materie prime. Nel breve periodo, inoltre, si diffonderà l’interesse verso strumenti di credito virtuosi quali il ‘reverse factoring’ dai privati”, per sostenere la crescita delle imprese e dei loro fornitori.

    Strumenti diversi per esigenze diverse, per sopperire alla mancanza di garanzie a cui appoggiarsi

    Il reverse factoring, nello specifico, è un servizio che consente alle aziende di supportare i propri fornitori nell’accesso alla liquidità tramite la cessione pro soluto dei crediti commerciali verso investitori istituzionali: disponibile anche su CashMe tramite CashMe Digital Reverse, non prevede segnalazioni in centrale rischi e può essere attivato nell’arco di pochi giorni lavorativi. Tanto più utile e funzionale, quindi, se utilizzato per affrontare un periodo post-pandemico dove molti strumenti di sostegno sono giunti al naturale esaurimento, mentre quelli di prima non sembrano in grado di rispondere con la dovuta flessibilità alle mutate difficoltà economiche e ai tempi di risposta immediati chiesti da uno scenario globale in rapida evoluzione.

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  • Anticipo fatture: quando le banche rifiutano di concederlo

    Affidabilità dei clienti, situazione debitoria, età dell'impresa: sono queste le variabili che le banche valutano quando si trovano ad approvare una richiesta di anticipo fatture da parte di un'impresa cliente, soprattutto se quest'ultima è una piccola e media impresa. Variabili che possono mutare nel corso del tempo e far sì che l'anticipo fatture, altrimenti noto come "Fido per Anticipo Fatture" o anche "Castelletto Bancario", possa essere rifiutato da un istituto di credito con conseguente penalizzazione per l'azienda interessata.

    anticipo fatture banca
    Anticipo fatture in banca: i tre motivi più comuni per il riifuto

    Che cos’è l’anticipo fatture bancario e come viene erogato

    L'anticipo fatture viene erogato dalle banche per lo più su fatture che sono state emesse dall'azienda e non sono ancora state né incassate né sono scadute. A differenza dell'invoice trading, di cui parleremo a breve, l'anticipo delle fatture è una forma di finanziamento a breve termine che consiste nell'anticipo dell'importo delle fatture non incassate, e che può avvenire nella forma di mandato all'incasso o cessione del credito commerciale a titolo definitivo da parte dell'istituto di credito che concede il fido per l'anticipo.

    Estinzione del fido e ostacoli burocratici dell’anticipo fatture

    Nei casi più comuni, l'anticipo fatture può essere estinto prima della scadenza del prestito o può essere soggetto a una proroga nel caso in cui l'incasso non avvenga entro i tempi previsti a causa di ritardi o insolvenza del debitore. Se l'obiettivo di chi richiede l'anticipo fatture rimane quello di ottenere liquidità immediata, i tempi della pratica (soprattutto in occasione della prima richiesta) e della burocrazia e le variabili menzionate all'inizio di questo articolo possono rallentare oltre modo la concessione del fido.

    Quando l’anticipo fatture può essere rifiutato

    In particolare, quando l'affidabilità dei clienti dell'impresa non viene ritenuta sufficiente dalla banca, oppure la situazione debitoria dell'azienda che fa richiesta di anticipo fatture alla banca è in temporaneo peggioramento, oppure la stessa azienda è di nuova costituzione, la richiesta di un fido per l'anticipo fatture può andare incontro a un secco rifiuto. Da notare, infine, quanto non sia un’operazione immediata oggi calcolare i tassi effettivi pagati sull'anticipo fatture, a causa di numerose commissioni e spese inclusi nel contratto stipulato tra la banca e il cliente.

    Cosa fare quando l’anticipo fatture viene rifiutato dalle banche

    In questo contesto, da alcuni anni è operativa sul mercato CashMe Spa che con il suo servizio di invoice trading online consente di ottenere liquidità immediata dalla cessione delle fatture a investitori istituzionali senza passare per il canale bancario. Senza alcuna garanzia richiesta e senza segnalazioni in centrale rischi, l’invoice trading oggi rappresenta l’alternativa all’anticipo fatture del sistema bancario pur senza essere uno strumento alternativo tout court agli istituti di credito tradizionale: piuttosto, uno strumento complementare per quelle PMI sane e meritevoli di sostegno che possono così sedersi al tavolo di confronto con i propri istituti di credito di riferimento da una posizione di maggiore forza negoziale.

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  • Invoice trading in Italia: i dati del Politecnico di Milano

    Strumenti importanti per condurre le PMI verso un riequilibrio della propria struttura finanziaria e sostenere la crescita, gli investimenti, le acquisizioni di tecnologie e competenze: con queste parole si apre la quarta edizione del Quaderno di ricerca sulle piattaforme di finanza alternativa per le piccole e medie imprese del nostro Paese, curata dal Politecnico di Milano con Unioncamere e Innexta, che fotografa in maniera tanto più possibile puntuale lo sviluppo di settori quali l'invoice trading online in cui opera CashMe SpA.

    Oltre due miliardi di euro mobilitati solo nel primo semestre 2021 dalle piattaforme di finanza alternativa italiana

    In un contesto di generale crescita del settore, passato dai 2,5 miliardi di euro di volumi di un anno fa agli oltre due miliardi di euro mobilitati dalle piattaforme di finanza alternativa solo nel primo semestre 2021, l'invoice trading online per lo smobilizzo di fatture commerciali acquisite da soggetti non bancari si conferma un canale fondamentale per "assicurare liquidità al sistema" produttivo italiano. Il valore totale dei flussi di finanziamento dell'invoice trading è passato infatti dai 555,1 milioni di euro del primo semestre 2020 a quota 712,3 milioni nel secondo semestre dall'anno scorso, attestandosi a 536,1 milioni nel primo semestre 2021 (a causa dei ritardi di chiusura dei bilanci e al venir meno di alcune piattaforme).

    L’invoice trading è lo strumento più utilizzato quale alternativa al tradizionale credito e anticipo fatture bancario

    Secondo i dati della ricerca, pubblicata pochi giorni fa e relativa alle operazioni concluse entro il 30 giugno di quest'anno, l'invoice trading risulta essere lo strumento "relativamente più utilizzato" tra tutti gli strumenti di finanza alternativa al credito bancario a disposizione delle PMI del nostro Paese. Un risultato raggiunto in parte grazie alla presenza di un numero crescente di fondi specializzati nell'investimento in crediti commerciali, prevalentemente esteri, in parte a causa della crescita del tempo medio di pagamento delle fatture nel B2B (da 49 a giorni, secondo i dati Intrum per il nostro Paese), che portano molte aziende a esplorare soluzioni alternative al tradizionale anticipo fatture bancario.

    Il profilo tipico della piccola e media impresa che si serve di piattaforme di invoice trading come Cashme, secondo il Politecnico

    Ma chi sono le PMI che fanno uso di strumenti di invoice trading? Uno dei tanti pregi della ricerca del Politecnico, a cui CashMe ha partecipato in quanto piattaforma specializzata in questo settore e in quello del reverse factoring, è quello di gettare una luce su un folto gruppo di imprese solitamente lontano dai riflettori delle cronache: aziende in forte crescita che ottengono commesse di dimensioni rilevanti e difficilmente finanziabili tramite i fidi esistenti o in uscita da procedure come concordati sono i profili più noti tra i clienti del nostro settore, anche se è frequente trovare imprese che decidono di servirsi dell'invoice trading online solamente per sfruttare la flessibilità di cessione delle fatture e l'assenza di segnalazioni in centrale rischi.

    L’invoice trading offre alle aziende uno strumento negoziale aggiuntivo, verso le banche e verso i pagatori meno puntuali

    Da non sottovalutare, infine, un aspetto del servizio che forse per la prima volta questa ricerca ha messo in evidenza: ovvero il fatto che la cessione del credito a un investitore istituzionale porta l'impresa "ceduta" a prestare maggiore attenzione ai tempi di pagamento nei confronti di operatori finanziari specializzati, che nella modalità di cessione pro soluto prendono il posto dell'impresa cedente assumendosi i rischi di mancato pagamento. Un vantaggio, quest'ultimo, che può in prospettiva rafforzare la posizione delle aziende che si servono dell'invoice trading non solo dal punto di vista finanziario, ma anche della propria capacità negoziale verso banche e clienti meno puntuali di altri quando si tratta di pagare, in ragione della disponibilità di alternative di immediato utilizzo rispetto alle soluzioni abituali.

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  • PMI e sostenibilità: il ruolo della finanza nell’incentivare la rendicontazione e trasparenza

    Qual è il ruolo della comunità finanziaria nell'incentivare la sostenibilità e la rendicontazione della sostenibilità stessa da parte delle piccole e medie imprese? Se lo sono chiesti gli autori dell'indagine "PMI italiane e rendicontazione di sostenibilità", promossa dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con ALTIS - Alta Scuola Impresa e Società dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e realizzata con il sostegno di BPER Banca, Generali Investments e Intesa Sanpaolo, presentata in occasione della decima edizione della Settimana SRI.

    Il ruolo “propulsivo” della comunità finanziaria nella realizzazione dei report di sostenibilità

    L'indagine, volta ad analizzare i principali retroscena dei bilanci di sostenibilità pubblicati da un campione di 105 aziende, rappresenta un significativo punto di svolta in questo ambito di ricerca per le domande in parte inedite che ha contribuito a porre al centro del dibattito collettivo: tra queste, la più importante è quella relativa alle reali motivazioni che spingono le piccole e medie imprese a pubblicare i report non finanziari di sostenibilità, dove emerge chiaramente il ruolo "propulsivo" della comunità finanziaria.

    Le PMI partecipate da investitori istituzionali sono più attive di altre sul fronte della rendicontazione

    Il lancio di prodotti e servizi finanziari rivolti alle PMI più impegnate di altre sui temi ESG è risultato essere, infatti, un incentivo importante sia all'impegno in sé sia soprattutto nell'attività di disclosure, come nota tra gli altri Eticanews. La volontà di attrarre nuovi investitori e finanziatori e la risposta alle richieste di informazioni da parte della comunità finanziaria assumerebbero, inoltre, una rilevanza statisticamente superiore in quelle piccole e medie imprese partecipate da investitori istituzionali.

    Il binomio virtuoso tra sostenibilità economica ed ESG: l’esempio dell’invoice trading online

    È per questo motivo che noi di CashMe, da sempre impegnati nel far dialogare tra loro due mondi storicamente distanti come quello della finanza e degli investitori con il mondo della piccola e media imprenditoria italiana, abbiamo da ormai diversi mesi coinvolto un investitore istituzionale specializzato nell’acquisto di crediti commerciali ESG-compliant sulla nostra piattaforma: l’obiettivo è quello di favorire il raggiungimento di un binomio virtuoso di sostenibilità ambientale, sociale e di governance e sostenibilità economica, grazie a nuovi servizi finanziari innovativi come il nostro servizio di invoice trading online.

    In molte aziende mancano le competenze, mentre la maggior parte non coinvolge tutti gli stakeholder

    La strada da percorrere, tuttavia, resta ancora molto lunga e di questo tutti sembrano esserne consapevoli: secondo il report del Forum per la Finanza Sostenibile e di ALTIS, molte aziende si troverebbero ancora oggi a fare i conti con la scarsità di competenze interne in materia di reporting, redigendo il documento finale per lo più attraverso il coinvolgimento di dipendenti, fornitori o clienti, e solo in misura marginale finanziatori e investitori (meno della metà del totale). Per questo, è importante che tutti – dalle imprese alla comunità finanziaria – facciano la loro parte per favorire una maggiore trasparenza da un lato, e rendere la trasparenza stessa “sostenibile” per coloro che hanno scelto di investirvi tempo e risorse.

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  • Dal Fondo Impresa Donna all’invoice trading: sempre più opzioni per le imprenditrici

    Mentre la creazione di nuove imprese femminili stenta a tornare ai livelli raggiunti nel 2019, si moltiplicano gli strumenti tradizionali e innovativi per consentire alle donne imprenditrici o aspiranti tali di accedere al credito a partire da migliori condizioni.

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  • PMI e ritardo dei pagamenti: i settori ancora in difficoltà

    Secondo quanto si legge nel rapporto Cerved sulle PMI sarebbero numerosi i settori e le aziende ancora in crisi di liquidità, nonostante le buone prospettive di ripresa economica per il settore delle PMI italiane.

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  • Dal private debt all’invoice trading: crescono le opportunità per le PMI

    Record storico di raccolta e investimenti del settore private debt italiano secondo i dati elaborati da Deloitte e AIFI, ma non mancano ulteriori opportunità per le PMI che necessitano di liquidità immediata.

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  • Pmi: il welfare che fa crescere produttività e occupazione

    I dati dell’ultimo Rapporto Welfare Index PMI di Generali Italia, giunto ormai alla sesta edizione, certificano l’impatto positivo del welfare dal punto di vista della crescita della produttività aziendale e dell’occupazione, soprattutto femminile e giovanile.

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  • PMI: l’importanza di comunicare meglio la sostenibilità

    Le PMI sono sempre più attente a comunicare la sostenibilità con l’obiettivo di rispondere alle richieste degli stakeholder ma anche di accedere a nuovi canali di finanziamento, come avviene su CashMe dove è attivo un investitore specializzato nell’acquisto pro soluto di crediti ESG-compliant.

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  • CashMe e Nexus International sostengono le PMI che vendono all’estero

    I clienti di CashMe e Nexus International, società del Gruppo Finservice, possono ricevere un sostegno nella loro attività di internazionalizzazione grazie all’invoice trading online.

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  • Il conto della crisi, dalle PMI alle grandi aziende

    Mentre sono ancora attive le moratorie sui prestiti, un nuovo studio Cerved offre un quadro aggiornato sull’impatto della crisi economica sui fatturati di piccole e grandi imprese italiane.

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  • PMI e pagamenti in ritardo: prima inversione di tendenza

    Secondo l'ultimo studio Cribis i tempi di pagamento delle fatture delle PMI italiane sono ancora ampiamente superiori rispetto a quelli registrati a fine 2019. La situazione non tornerà alla normalità ancora per un altro anno almeno, secondo gli autori della ricerca.

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  • PMI e innovazione: la situazione in Italia un anno dopo

    Una serie di report fotografa in maniera inequivocabile il cambiamento in atto a livello nazionale: una PMI su due ha introdotto almeno una innovazione di prodotto, di processo o di organizzazione nel corso dell'ultimo anno, e chi non lo ha ancora fatto è sul punto di adeguarsi.

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  • Invoice trading e ESG: su CashMe gli investitori sostengono le PMI sostenibili

    L'attenzione di CashMe nei confronti della sostenibilità delle aziende si conferma con la presenza di un investitore specializzato nell’acquisto di crediti commerciali ESG-compliant da parte delle PMI.

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  • I cinque ostacoli del passaggio generazionale nelle PMI

    Una interessante analisi del centro studi di Confartigianato Piemonte pone in evidenza le principali difficoltà, non solo di origine burocratiche, che incontrano le piccole e medie imprese italiane nel passaggio generazionale.

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  • PMI e accesso al credito: la situazione un anno dopo

    Una interessante sintesi della direttrice osservatorio innovazione digitale nelle PMI di Osservatori Digital Innovation, Giorgia Sali, su come sono cambiate le modalità di accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese italiane nel corso dell'ultimo anno, e che cosa resta ancora da fare.

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  • Anticipo fatture online: ora si può farlo senza indebitarsi ulteriormente

    Grazie all'invoice trading le aziende possono oggi effettuare l'anticipo delle fatture online senza aumentare la propria esposizione verso le banche e senza ulteriori segnalazioni in centrale rischi.

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  • Le PMI e la lunga rincorsa della sostenibilità

    Dalla sostenibilità come voce di costo alla sostenibilità come obiettivo di business: ecco come le PMI stanno affrontando questa lunga fase di trasformazione.

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  • A che punto siamo con la digitalizzazione delle PMI italiane

    Mancanza di strategia, di formazione, di visione: quali sono gli ostacoli da superare per la piena digitalizzazione delle piccole e medie imprese italiane e un esempio concreto da cui partire.

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  • Le imprese familiari tra liquidità e passaggio di testimone

    Secondo l’ultima edizione dell’Osservatorio AUB le imprese familiari con più di 20 milioni di euro di fatturato sono chiamate oggi ad affrontare due importanti sfide, sul fronte finanziario e manageriale.

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  • PMI e passaggio generazionale: a che punto siamo in Italia

    Solo una parte delle imprese familiari rispetta le scadenze del passaggio generazionale, esponendosi a rischi evitabili in caso di eventi imprevisti o qualora lo stesso passaggio avvenga troppo “bruscamente”.

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  • PMI e smart working: risparmiare si può, ma a una condizione

    Cresce il numero di aziende che dichiarano di aver riscontrato un importante aumento della produttività dei dipendenti e una riduzione dei costi di esercizio dell’attività, seppur con qualche significativa eccezione.

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  • Bilancio di fine anno: per le PMI un aiuto arriva dell’invoice trading

    Grazie all’invoice trading, le PMI che si avviano alla chiusura del bilancio d’esercizio possono cedere i crediti commerciali senza aumentare il debito finanziario, nell’ottica di migliorare il rating dell’azienda.

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  • Reverse factoring: un esempio concreto per capire come funziona

    Factoring indiretto, o meglio ancora reverse factoring: per capire di che si tratta basta prendere come esempio una ipotetica azienda manifatturiera con 40 milioni di euro di fatturato annuo, soggetta a forti stress sui flussi di cassa per effetto della stagionalità del business. Grazie al reverse factoring di CashMe essa può immediatamente migliorare la gestione degli squilibri di cassa, pur continuando a pagare i singoli fornitori entro le scadenze concordate con questi ultimi.

    Nel reverse factoring è il debitore ad avviare l’intero processo

    A differenza del factoring tradizionale, nel reverse factoring è infatti il debitore – nel nostro caso l’azienda manifatturiera – ad avviare il processo con il fine di ottimizzare la gestione del proprio ciclo passivo e contemporaneamente supportare la filiera di fornitori. Questi ultimi, dopo essere stati selezionati dall’azienda debitrice ed essere stati abilitati dal team di CashMe, possono caricare le fatture sulla piattaforma di reverse factoring e ricevere subito liquidità immediata.

    Durante tutto il processo sia le aziende debitrici sia i fornitori di queste ultime sono costantemente seguiti e accompagnati dal team di consulenti specializzati di CashMe, incaricati di abilitare le singole utenze e far firmare gli accordi di adesione ai fornitori selezionati dall’azienda che usufruisce del servizio di reverse factoring. Il riconoscimento delle fatture caricate dalla piattaforma può avvenire a sua volta sia in modalità manuale, sia essere interamente automatizzato per quanto riguarda aziende di dimensioni maggiori.

    I requisiti e i vantaggi del reverse factoring di CashMe

    Il servizio di CashMe Digital Reverse è operativo sul mercato dal 2019 ed è accessibile a medie e grandi aziende a partire da 20 milioni di euro di fatturato annuo, come nell’esempio riportato all’inizio di questo articolo, mentre per i fornitori è richiesto un fatturato annuo di almeno 500 mila euro. Da notare, infine, come la cessione delle fatture da parte dei fornitori avvenga sempre in modalità pro-soluto, con effetto ottimizzante sulla PFN e sul bilancio e senza alcun tipo di segnalazione in centrale rischi.

    Non sei ancora cliente CashMe?

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  • PMI: più produttività e occupazione grazie al welfare

    Le piccole e medie imprese crescono più rapidamente e creano nuovi posti di lavoro grazie agli investimenti in programmi di welfare, secondo l’ultimo Rapporto Welfare Index PMI di Generali.

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  • La resilienza delle imprese familiari alla prova del cambio generazionale

    Più resilienti di altre alla prova del Coronavirus, le imprese familiari devono ora fare i conti con l’ormai prossima scadenza del cambio generazionale: minaccia o opportunità?

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  • PMI: soluzioni modulari e scalabili per accelerare la digitalizzazione

    Secondo una ricerca del Politecnico di Milano il gap digitale accumulato in questi anni dalle PMI italiane nei confronti del resto del continente è diventato sempre più ampio: idee e spunti per invertire la rotta.

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  • Le PMI e l’ostacolo liquidità: cosa dicono i numeri

    Secondo l’ultimo bollettino della BCE le PMI italiane sono tra le più colpite dalla crisi economica dovuta all’emergenza Coronavirus, in ragione del calo di fatturato e delle crescenti restrizioni al credito.

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  • PMI e merito creditizio: cambio di passo con l’invoice trading

    Nel momento di massima crisi economica, dovuta alla pandemia, l’invoice trading può diventare un utile alleato delle PMI in difficoltà e in cerca di liquidità immediata.

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  • Le PMI italiane alla prova dello smart working

    Quali sono gli aspetti critici da affrontare nel passaggio allo smart working in una PMI, e perché non è solo una questione di tecnologia.

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  • Prestiti alle PMI: le garanzie e l’alternativa dell’invoice trading

    Quali sono le garanzie per i prestiti alle PMI previsti dal Decreto Liquidità, e quale potrebbe essere il ruolo dell’invoice trading nel fornire un supporto alternativo alle esigenze finanziarie delle imprese.

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  • L’anno in cui le PMI di tutto il mondo scoprirono il fintech

    Oltre un quarto delle piccole e medie imprese a livello globale ha già fatto uso di servizi fintech in alternativa ai tradizionali canali bancari nel 2019. Ecco il perché di una rivoluzione.

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  • PMI: l’anticipo fatture online per sostenere l’export

    Per far fronte ai possibili ritardi nei pagamenti dei crediti commerciali pendenti da parte dei clienti esteri, l’anticipo fatture online oggi costituisce un’alternativa al tradizionale canale bancario.

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  • Maurizio Montini, MEM Srl: più potere contrattuale con l’invoice trading

    Rodengo Saiano, Brescia. È qui che, lungo la strada che dal capoluogo lombardo raggiunge il Lago d’Iseo, ha sede dal 2006 la M.E.M. (Montaggi Elettrici e Meccanici) SRL, co-fondata da Maurizio Montini e attiva in tutto il mondo nell’installazione e manutenzione di impianti elettrici, meccanici e idraulici.

    Esempio di eccellenza italiana nata grazie allo spirito d’iniziativa di professionalità collaudate e attive nel settore da decenni, M.E.M. SRL ha un fatturato di 5 milioni di euro ed è cliente CashMe da un anno per la cessione di crediti commerciali pendenti verso investitori istituzionali tramite la formula pro-soluto.

    Sig. Montini, in quali settori opera M.E.M. Srl?

    Impiantistica industriale, elettrica, alimentare, metallurgica e di prodotti chimici e petroliferi. Ci occupiamo dell’installazione, manutenzione e controllo dei macchinari. L’azienda, nata nel 2006, vanta oggi una rete di oltre ottanta tra impiegati e collaboratori, che si spostano a seconda delle esigenze dei nostri clienti.

    Quali sono i vostri principali clienti?

    Lavoriamo per lo più con clienti italiani, attivi in tutto il mondo: Alfa Acciai Spa, Alges Srl, Cometal Engineering Spa, Evolut Spa, FBG Srl , Harsco Environmetal Srl, IMG Srl, Innospec Performance Chemicals Italia s.r.l., Metra Spa, Remazel Spa, SMS Group S.p.A, Timken Italia Srl, Tiesse Robot Spa, Danieli & C. Officine Meccaniche S.p.A. e altri. Con quest’ultimo, in particolare, stiamo pianificando la realizzazione di un grande impianto di estrusione a Phoenix, in Arizona (USA).

    Qual è il suo ruolo in azienda?

    Il mio percorso professionale nel settore è stato quello di dipendente, fino al 2005, con ruoli di operaio, caposquadra, capocantiere, responsabile del personale. Nel 2006, insieme ad altri cinque tra amici e colleghi si è presentata l’opportunità di creare M.E.M. Srl, di cui sono ancora oggi l’amministratore unico, mentre gli altri soci rivestono ruoli operativi, ciascuno nel proprio settore di competenza.

    MEM Srl, la sede dell'azienda a Rodengo Saiano (Brescia)

    Come è nata la collaborazione con CashMe?

    Con CashMe abbiamo iniziato a collaborare verso la fine del 2018, in un momento in cui stavamo cercando un canale di finanziamento alternativo rispetto al credito bancario. Dopo le prime prove, nel corso del 2019 il rapporto di collaborazione si è ulteriormente rafforzato.

    Quali sono i vantaggi di CashMe per la vostra azienda?

    Siamo rimasti favorevolmente colpiti dalla flessibilità e velocità con cui vengono espletate le pratiche di cessione delle fatture. Ottimo anche il supporto a livello informativo. Dopo aver utilizzato la piattaforma per la cessione di alcune fatture dei nostri clienti storici e consolidati, ora stiamo pensando di allargare il raggio d’azione anche ai crediti commerciali pendenti verso altre società.

    Quanto è diffusa la conoscenza di questo strumento di finanza alternativa tra gli imprenditori, secondo lei?

    Molto più di quanto lo fosse un anno fa. A inizio 2019 parlare di cessione del credito pro-soluto era ancora visto come un’inutile complicazione. Oggi sta crescendo la conoscenza del sistema e dello strumento, anche nell'ottica di riequilibrare i rapporti in essere con le banche: finché queste ultime erano gli unici interlocutori sul mercato del credito l’imprenditore non aveva margine di manovra, ora che esistono soluzioni alternative abbiamo anche noi uno strumento in più di contrattazione.

    Non sei ancora cliente CashMe?

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  • Invoice trading e crowd-lending: quale scegliere per la tua impresa

    Invoice trading e lending crowdfunding sono soluzioni alternative ai tradizionali canali bancari per le esigenze di liquidità delle imprese nel breve e medio periodo. Vediamo perché.

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  • Credit crunch: quali sono i settori che rischiano di più

    Prodotti metallici, tessili e abbigliamento, ma anche costruzioni, alimentari, e molti altri ancora: sono questi i settori dove si registrano il maggior numero di aziende che hanno chiesto una moratoria sui prestiti nel corso del 2020, secondo i dati di Crif Ratings.

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  • Codice della crisi d’impresa: costi e opportunità per le PMI

    A fronte di un investimento iniziale, l’adozione delle nuove procedure stabilite dal Codice della Crisi d’Impresa può portare un significativo ritorno economico per le PMI. Vediamo come.

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  • Proteggere il futuro: le PMI e la proprietà intellettuale

    Gli effetti positivi della tutela della Proprietà Intellettuale per le PMI, e i motivi che frenano alcune imprese a ricorrere a questo importante strumento di valorizzazione del patrimonio aziendale.

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  • PMI: le opportunità nascoste (ma non troppo) del passaggio generazionale

    In che modo il passaggio generazionale di una PMI a conduzione familiare può aprire nuovi scenari di sviluppo e consolidamento dell’impresa stessa.

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  • L’invoice trading: cos’è e come funziona la soluzione fintech per le imprese

    L’invoice trading continua a raccogliere adesioni con una tendenza continuamente in crescita.

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  • Le PMI e l’inarrestabile morsa del credit crunch

    La stretta creditizia bancaria non concede tregua alle PMI italiane: nonostante la ripresa, le banche continuano a frenare le erogazioni alle imprese.

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  • L’evoluzione “rosa” delle PMI italiane

    Le piccole e medie imprese italiane sono sempre più orientate alla crescita e all'integrazione di personale giovane e qualificato. Le donne in particolar modo, vincono in termini di competitività e reattività.

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  • Le PMI italiane tra opportunità digitali e difficoltà sistemiche

    Le PMI italiane trainano la ripresa economica e si preparano alla trasformazione digitale, ma sul comparto pesano ancora mancanza di credito, ritardi nei pagamenti e burocrazia.

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  • L’Internet of things nelle imprese

    Il settore dell’IoT sta divenendo sempre più determinante per le imprese dell’industria 4.0, definendo nuovi modelli di business e nuovi processi basati sulla dematerializzazione e sulla interconnessione.

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  • Il factoring cresce sempre di più in Italia

    Il factoring nelle sue diverse forme è un’opzione sempre più popolare tra le PMI alle prese con la stretta creditizia delle banche.

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  • Il credit crunch in Italia: le banche chiudono i rubinetti del credito alle imprese

    Il credit crunch, ovvero la contrazione delle erogazioni di prestiti da parte delle banche, verso le piccole e medie imprese rallenta la ripresa economica italiana.

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  • La fatturazione elettronica: l’Italia “risparmia” e diventa digital

    Le imprese italiane si orientano sempre di più verso la dematerializzazione e la standardizzazione dei processi, conseguenze di un’efficace integrazione delle tecnologie digitali.

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  • La piccola e media industria 4.0: in viaggio verso la digitalizzazione

    Continua a crescere il numero delle imprese italiane che ritengono di doversi dotare di un’efficace ed oramai imprescindibile strategia digitale per poter rimanere al passo con la concorrenza internazionale.

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  • Startup italiane: fintech e IoT tra i settori più promettenti 

    Il mondo delle startup innovative in Italia sta attraversando un periodo di crescita costante, permettendo al Paese di uniformarsi ad un avanzamento della tecnologia sempre più persistente e necessario.

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  • Le PMI trainano la ripresa dell’economia

    Dopo anni di crisi per l’economia italiana, a partire dal 2015 le PMI del nostro Paese hanno contribuito a risollevare la situazione produttiva sistemica, ponendo le basi per il ritorno ad una crescita economica duratura

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  • Invoice trading: un finanziamento alternativo per l’anticipo fatture

    L’invoice trading consente alle imprese di monetizzare le proprie fatture cedendole a investitori privati, migliorando la solidità finanziaria della propria azienda e superando la stretta bancaria sul credito.

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  • PMI: quanto costa (davvero) il ritardo nei pagamenti

    Il ritardo nei pagamenti alle piccole e medie imprese è uno dei problemi maggiori e più sentiti, anche nel Regno Unito.

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  • Cessione crediti e anticipo fatture per la tua azienda: istruzioni per l’uso

    La cessione dei crediti, di cui l’anticipo fatture bancario costituisce una specifica tipologia, è un’operazione che suscita l’attenzione delle PMI che necessitano di liquidità: esploriamo dunque modalità procedurali, opportunità e rischi di questa forma alternativa di finanziamento.

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  • Accesso al credito e obblighi fiscali delle PMI: l’indagine Unimpresa

    Con l’arrivo di dicembre si avvicinano le scadenze fiscali, e un numero crescente di imprese, per rispettare gli obblighi erariali, bussano agli sportelli bancari: cinque aziende su otto sono costrette a chiedere prestiti in banca. Secondo i dati raccolti da Unimpresa fra le 110.000 aziende sue associate, aggiornati al 30 ottobre scorso, oltre il 62% delle micro, piccole e medie imprese italiane è infatti stato costretto a ricorrere a un finanziamento nel primo semestre del 2016 per riuscire a pagare le tasse.  Quanto ai settori produttivi, gli operatori turistici, le piccole industrie e la grande distribuzione sono più esposti con le banche, risentendo maggiormente della pressione dei versamenti fiscali sugli immobili, Imu e Tasi in particolare. Ma è anche l’Irap a mettere in difficoltà molti imprenditori italiani, poiché l’imposta regionale sulle attività produttive si paga anche in assenza di utili, particolarità tutta italiana. Pesano poi sui bilanci delle imprese, anche i versamenti riguardanti Irpef e Ires.

    Guardando alle imminenti scadenze, l’acconto Ires è sicuramente il più impegnativo da onorare a novembre per le società di capitali. Sempre a novembre, inoltre, lavoratori autonomi e PMI verseranno l’addizionale regionale Irpef. A dicembre, invece, la voce più importante è rappresentata dalle tasse sulla casa, con i saldi Tasi e Imu. Sempre a dicembre inoltre è previsto il versamento dell’acconto Iva. Alle PMI che faticano a gestire gli esborsi legati alle tasse, le banche offrono quando va bene finanziamenti chirografari, e quando va peggio fidi per cassa, con il conseguente appesantimento degli oneri finanziari.

    [caption id="attachment_894" align="aligncenter" width="400"]L’Italia è in dodicesima posizione globale per il carico fiscale sulle imprese. Fonte: Forexinfo su dati World Economic Forum. L’Italia è in dodicesima posizione globale per il carico fiscale sulle imprese. Fonte: Forexinfo su dati World Economic Forum.[/caption]

    Come si legge sul rapporto del Centro studi di Unimpresa, l’aumento della pressione fiscale sulle imprese, in continuo aumento negli ultimi otto anni, genera un triplo effetto negativo sui conti e sulle prospettive di crescita delle aziende. Il primo è l’apertura di linee di credito destinate specificamente a coprire le imposizioni fiscali, invece di nuovi investimenti; ciò limita di per sé la natura stessa dell’attività di impresa. Il secondo problema sorge, poi, alla chiusura degli esercizi commerciali, quando il valore degli immobili posti a garanzia dei prestiti fiscali va decurtato in proporzione al valore dell’ipoteca, con una conseguente riduzione degli attivi di bilancio. Il terzo ostacolo riguarda l’eventuale, ma spesso altrettanto necessario, accesso ad ulteriori finanziamenti a diretto supporto del business aziendale: le società che hanno già chiesto un prestito per motivi fiscali possono presentare agli istituti di credito meno garanzie per accendere ulteriori prestiti, e vengono classificate con un rating più basso, che fa inevitabilmente impennare ulteriormente i tassi di interesse.

    Per tutti questi motivi, cresce il numero di PMI che necessitano di più percorsi paralleli di accesso al credito; una soluzione può dunque essere combinare il prestito acceso presso l’istituto bancario tradizionale con una forma di alternative financing come quella offerta dalla piattaforma online CashMe.

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  • Industry 4.0: le opportunità per le PMI

    L'evoluzione tecnologica offre grandi opportunità per le imprese, ma anche sfide complesse da affrontare, soprattutto per le PMI. Tuttavia, non digitalizzare il proprio business significa perdere competitività.

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  • Fatture in cloud: le migliori aziende sul mercato in Italia

    La gestione delle fatture digitali in cloud offre diversi vantaggi alle imprese, in particolare alle PMI. Presentiamo cinque tra i principali provider italiani, analizzando il funzionamento del servizio e tracciando una panoramica dei loro risultati in termini di pubblico e reputazione.

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  • Fatturazione elettronica tra privati: 5 cose da sapere

    Una panoramica essenziale sulla fatturazione elettronica: da come funziona al suo ruolo nella strategia digitale europea fino agli incentivi messi in campo dallo Stato e ai risparmi rispetto alla controparte cartacea.

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  • Fintech e banche: brevissima storia dell’innovazione finanziaria

    In pochi anni le nuove tecnologie sviluppate da un numero sempre crescente di startup hanno dato il via a un cambiamento radicale del mercato finanziario e hanno messo gli istituti bancari davanti alla necessità di un profondo rinnovamento.

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  • Invoice trading vs factoring: quali differenze?

    Sia invoice trading che factoring fanno parte di quella tipologia di finanza alternativa che vede nella cessione delle fatture lo strumento per garantire flussi di cassa continui alle imprese. Vediamo insieme quali sono le differenze.

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  • Fatturazione elettronica e PMI: è tempo di prepararsi

    Le imprese italiane sono ancora indietro sul processo di digitalizzazione, ma questo può offrire numerosi vantaggi a chi lo implementa per tempo

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  • L’invoice financing visto da un investitore: quanto rende e quali sono i vantaggi?

    Sinora molto abbiamo detto riguardo ai vantaggi che una PMI può ottenere grazie all’utilizzo dell’invoice financing o di piattaforme di finanza alternativa in generale.

    Oggi vogliamo invece puntare l’attenzione su quali sono gli elementi di interesse in questo genere di attività nell’ottica di un investitore, ovvero di quei soggetti che comprano le fatture.

    Ma facciamo un passo indietro. Dove sta il rendimento per l’investitore che intende acquistare crediti commerciali?  Per spiegarlo proponiamo un breve esempio: la PMI Alpha vanta un credito di € 100.000 nei confronti della grande azienda Beta, che può essere, per esempio, uno dei principali gruppi dell’automotive italiano. Alpha ha necessità di cassa, decide quindi di vendere il credito attraverso una delle piattaforme di invoice financing disponibili sul mercato. L’investitore Gamma, che ha aderito alla piattaforma, nota il credito in asta e lo reputa confacente al proprio profilo di rischio/rendimento. L’investitore decide quindi di comprare il credito ad un prezzo pari, ad esempio, ad € 97.000. A questo punto l’investitore, diventato pieno titolare del credito, attende la scadenza della fattura ed incassa regolarmente il saldo di € 100.000 da Beta, marginando quindi sullo spread (i.e. differenza) tra il valore nominale del credito ed il suo prezzo di acquisto.

    Ma perché un investitore dovrebbe preferire l’acquisto di crediti commerciali rispetto ad altre asset class più comuni scambiate sul mercato?

    In CashMe non riteniamo che i crediti commerciali siano un’asset class sostitutiva rispetto a quelle più diffuse, ma li riteniamo piuttosto un’asset class alternativa, ovvero un ottimo integrativo del portafoglio all’interno del quale nei prossimi anni acquisirà una quota sempre più importante, fino a raggiungerne il 5%/10% per gli investitori più professionali. Vediamo perché.

    Elevati rendimenti ed ottimo rapporto rischio/rendimento

    L’acquisto di crediti commerciali consente di ottenere rendimenti nell’ordine del 5% - 12%, a fronte di un rischio individuato, in termini di probability of default, inferiore al 2% con riferimento alle aziende debitrici.

    Tale rendimento rappresenta il range di tasso medio ottenuto da investitori che hanno deciso di allocare parte delle proprie risorse attraverso piattaforme di invoice financing internazionali. Il dato si sta dimostrando accurato anche per quanto riguarda le esperienze italiane, ed il seguente prospetto estratto dal Bollettino Statistico di Banca d’Italia dimostra il perché.

      invoice financing  

    In Italia nel primo trimestre del 2016, certifica Banca d’Italia, le PMI hanno pagato in media un tasso dell’8,26% ed del 10,38% per ottenere finanziamenti attraverso anticipo fatture, salvo buon fine ed operazioni a revoca per importi inferiori ai € 250.000. Questa però spesso non è l’unica voce di costo che una PMI deve sostenere quando si reca in banca per finanziare il capitale circolante. Infatti, come molti studi hanno ormai ampiamente dimostrato, le banche tradizionali aggiungono una serie di costi, commissioni e penali che portano il tasso ad accrescere per un valore anche fino al 4% - 6% all’anno.

    Diversificazione e decorrelazione

    L’inserimento di una quota di crediti commerciali nel portafoglio consente di diversificare il rischio e ne attenua la volatilità. I tassi di interesse applicati ad operazioni autoliquidanti infatti, come si evince dal tool Base Dati Statistica fornito da Banca d’Italia, presentano un andamento quasi totalmente decorrelato dai mercati finanziari, oscillando in maniera strutturale tra il 7% ed il 9%. Ciò garantisce agli investitori un ritorno stabile nel tempo.

    Bassa duration

    Seppur allo stato attuale non esiste un mercato secondario dei crediti commerciali, che pertanto non sono immediatamente liquidabili, la loro duration è molto bassa: in media tra i 60 e 90 giorni. Se comparati ad asset class di pari durata, risulta evidente l’appetibilità di questa nuova forma di investimento.

      invoice financing

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  • Ritardo nei pagamenti: l’analisi di Euler Hermes

    I tempi di pagamento tra le imprese restano stabili, ma l’Italia si conferma uno dei fanalini di coda su scala mondiale.

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  • Finanza alternativa e PMI: le previsioni di 5 leader del fintech

    Conoscenza degli strumenti a disposizione, rapporto diretto con il cliente e disintermediazione sono solo alcune tra le sfide future su cui le piattaforme di finanza alternativa potranno coinvolgere maggiormente le PMI, nelle parole di cinque leader del fintech nazionale e globale.

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  • Finanza alternativa: invoice financing e p2p lending, quale scegliere?

    Quale strumento di finanza alternativa, tra invoice financing e p2p lending, si adatta meglio agli obiettivi di finanziamento delle piccole e medie imprese?

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  • Imprese a rischio default: un’Italia a due velocità secondo Cerved Group

    Per la prima volta dal 2011 il numero di upgrade nei profili di rischio delle imprese torna a superare quello di downgrade secondo il Cerved Group Score, ma il totale delle imprese a rischio default resta superiore a quelle sicure.

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  • Ritardo nei pagamenti: a rischio la sopravvivenza di un terzo delle PMI

    Secondo i risultati dell’European Payment Report elaborato da Intrum Justita oltre un terzo delle piccole e medie imprese europee potrebbero andare incontro alla chiusura a causa del ritardo nei pagamenti, mentre un quarto di esse potrebbe vedersi costretta a licenziare una parte del personale. Non va meglio la situazione nel nostro Paese.

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  • Fatture non pagate: con noi l’azione legale è gratuita

    Gli investitori che acquistano fatture sulla nostra piattaforma dispongono di un supporto legale in caso di fatture non pagate, grazie all’accordo stipulato tra CashMe e Axist.

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  • Banche e credito: in Italia i costi più alti d’Europa

    Le spese operative degli istituti di credito tradizionali nel 2014 hanno raggiunto il valore di 49,5 miliardi di euro (1,83% del totale delle attività). Dal 2008, le commissioni sono cresciute dell’11%.  

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  • Fatturazione elettronica per le imprese: cinque cose da sapere

    Anche nel nostro Paese cresce il ricorso alle fatture in formato digitale: secondo il Politecnico di Milano ognuna permette di risparmiare fino a 8,2 Euro rispetto al cartaceo.

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  • Finanziamenti PMI: in finanza alternativa nessun cliente è di serie B

    I risultati dell’ultima indagine semestrale BCE sul rapporto tra banche e piccole e medie imprese, europee e italiane, e le prospettive per il medio periodo.  

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  • PMI italiane e innovazione: cosa manca per il salto di qualità

    Secondo il “Rapporto 2016 Cotec-Chebanca!” a cura del Censis le PMI si confermano il driver della ripresa del Paese, ma per la loro crescita effettiva restano ancora almeno due importanti gap da colmare.

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  • Finanziamenti PMI: la finanza alternativa contro la stretta del credito

    Le conseguenze della riduzione dei finanziamenti bancari alle PMI e le soluzioni offerte dalla finanza alternativa per ottimizzare il flusso di cassa delle imprese.

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  • Invoice financing: l’anticipo fatture online piace agli investitori

    Crescono in tutto il mondo gli investimenti di Venture Capital nelle startup fintech attive nel settore dell’invoice financing e anticipo fatture online. Le ultime notizie sul nostro blog.

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  • Imprese: i consigli degli esperti per la gestione di cassa

    Il successo delle imprese si basa sempre di più su una riserva di liquidità adeguata. Sul nostro blog trovate alcuni consigli di esperti per migliorare la gestione di cassa e gestire al meglio l’incasso delle fatture.

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  • Finanziamenti alle PMI: via libera al credito alternativo

    Dalla CNA una proposta condivisibile per sostenere il finanziamento alternativo delle PMI attraverso il ricorso a piattaforme fintech innovative, a fronte della contrazione del credito bancario.

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  • Invoice Financing: l’anticipo fatture ora si fa online

    Sicuro e conveniente, l’invoice financing online offre nuove opportunità alle piccole e medie imprese per monetizzare subito le proprie fatture.

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  • Finanziamenti alle PMI: cosa pensano gli imprenditori della finanza alternativa

    Secondo una ricerca Amicus Finance il mercato della finanza alternativa per le Piccole e Media Imprese in UK è raddoppiato nell’ultimo anno. Al secondo posto le piattaforme di invoice finance. Ecco quali sono le previsioni degli imprenditori.  

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  • Fatturazione: tre consigli per velocizzare la gestione delle fatture

    Una gestione ottimizzata dei processi di fatturazione è la pietra angolare su cui si basa la salute di un’impresa. Ecco cosa consigliano alcuni imprenditori per velocizzare il processo di gestione delle fatture.

     

    Una gestione efficace della fatturazione è la pietra angolare su cui poggia un’azienda solida e con prospettive future. Questo è vero soprattutto in un contesto come quello italiano dove solo il 35% delle aziende rispetta le scadenze di pagamento.

    L’automazione dei processi di fatturazione, la gestione ottimale del rapporto con il cliente e il tempo a disposizione sono tre aspetti critici su cui ogni imprenditore dovrebbe concentrarsi per migliorare la propria gestione delle fatture.

    Vediamo in che modo.

     

    Come creare una fattura elettronica nel caso della Pubblica Amministrazione?

    Automatizzare il processo di fatturazione

     

    Come riportato in un recente articolo di Huffington Post Business a cura di John Rampton, imprenditore, mentor, seguito da quasi un milione di follower su Twitter, affidarsi a uno strumento online di gestione della fatturazione assicura un maggior controllo e pianificazione dell’intero processo: per ogni cliente è infatti possibile creare un modello personalizzato per velocizzare l’inserimento delle nuove informazioni.

    I sistemi di gestione delle fatture online permettono inoltre di impostare un promemoria di pagamento, tenere traccia del momento in cui una fattura è stata pagata, e inviare solleciti quando non si riceve il pagamento come previsto.

    Fissare fin da subito e per iscritto le tempistiche di pagamento e tenerne traccia scritta (ad esempio, inviando una mail dopo un accordo verbale) non solo aggiunge un tocco di professionalità ma è segno di ordine e organizzazione mentale.

    Migliorare la comunicazione tra i reparti della propria azienda

     

    Perché aspettare fino a tornare in ufficio per inviare una fattura? La puntualità nell’invio delle fatture è un requisito fondamentale per ricevere il pagamento delle stesse entro le scadenze prestabilite.

    Small Business Guide ha raccolto le testimonianze di oltre 1.500 piccoli imprenditori su come trovare il modo per essere pagati più velocemente.

    Se in alcuni casi è sufficiente utilizzare, come detto precedentemente, piattaforme automatizzate di gestione della fatturazione, in altri è consigliato analizzare la modalità in cui avviene la comunicazione tra il proprio team e il reparto amministrativo dell’azienda, e intervenire ove necessario.

    Curare il rapporto con il cliente

     

    I motivi di un ritardo o di un mancato pagamento possono essere molteplici e devono comunque essere tutti analizzati caso per caso: in tutti questi casi però comunicare col cliente è la chiave per un rapporto di collaborazione forte e duraturo.

    Secondo Danea (azienda che realizza software gestionali per la fatturazione delle PMI) il cliente deve sempre essere messo nella condizione migliore per saldare il suo debito entro i termini stabiliti.

    Per fare ciò è bene chiedere sempre e in modo esplicito di quali informazioni ha bisogno per rendergli il pagamento quanto più semplice possibile. Una visita, o una telefonata a volte possono fare la differenza e prevenire possibili problemi.

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  • Anticipo fatture dalla banca: come fare in caso di rifiuto

    Anticipo fatture dalla banca: come funziona, quali sono le tempistiche

    L’anticipo fatture è una forma di finanziamento a breve termine per le PMI. Consiste solitamente nell’anticipo dell’importo delle fatture da parte di una banca. Nel linguaggio bancario questa operazione è definita comunemente “Fido per Anticipo Fatture” o, in gergo, “Castelletto bancario”. L’anticipo fatture può avvenire nelle forme di mandato all’incasso, o cessione del credito a titolo definitivo.

    Se da un lato non vi sono limiti di importo delle fatture per cui si richiede l’anticipo, il fido contrattato con la banca può prevedere un tetto massimo consentito ed è possibile che l’anticipo non copra l’intera somma delle fatture.

    [caption id="attachment_496" align="alignright" width="983"]anticipo fatture banca I tre motivi per cui una banca potrebbe rifiutare l'anticipo fatture[/caption]

    L’anticipo fatture da parte di una banca nei confronti di una PMI ha come obiettivo quello di consentire a un’impresa di ricevere liquidità immediata, senza aspettare il momento dell’incasso effettivo dei crediti commerciali pendenti.

    L’anticipo viene infatti accreditato dalla banca su fatture emesse e non ancora incassate né scadute. E' possibile estinguerlo sia prima della scadenza, pagando di tasca propria, sia chiedere una proroga qualora l’incasso non avvenga nei tempi previsti per insolvenza del debitore.

     

    Intesa Sanpaolo, Unicredit: come funziona l’anticipo fatture delle principali banche italiane

    La banca anticipa la quota che l’impresa si impegna a restituire entro la scadenza della fattura, dietro pagamento di interessi e commissioni che variano da istituto a istituto.

    A offrire questo servizio sono quasi tutti le principali banche italiane. Ad esempio Intesa Sanpaolo offre un servizio di anticipo fatture sia in filiale sia via web. Unicredit richiede di prenotare un appuntamento in filiale dove verranno presentate le fatture, mentre Banca Ifis offre un servizio che si estende anche al di fuori dei confini nazionali, rivolto alla clientela nazionale e internazionale.

    In tutti i casi l’operazione è subordinata alla presenza di un conto corrente nella medesima banca in cui si presenta la richiesta.

    Perché una banca dovrebbe rifiutare l’anticipo fatture?

    Alcuni istituti di credito potrebbero rifiutare un anticipo su fatture emesse nei confronti di clienti dell’impresa ritenuti non affidabili, perché protestati o notoriamente insolventi.

    Ugualmente il fido per anticipo fatture, si legge nei fogli informativi di alcuni istituti, potrebbe essere rifiutato in caso di un peggioramento della situazione debitoria dell’impresa richiedente il fido.

    L’anticipo fatture potrebbe diventare un’impresa difficile, quando non impossibile, in caso di aziende e PMI di nuova costituzione, soprattutto quando si tratta di importi elevati.

    Come riportato in un articolo del Sole 24Ore, il tasso del fido può subire variazioni al rialzo in base a mutate condizioni di mercato, quando non essere penalizzato dal fatto di avere tra i propri clienti la Pubblica Amministrazione, solitamente un pagatore poco affidabile quando si tratta di puntualità. Infine, le commissioni (almeno tre, secondo un articolo di Lettera 43, oltre al tasso base di sconto) collegate a questa forma di finanziamento sono spesso difficili da individuare e solo talvolta percepite al momento dell’estratto conto.

    Cosa fare quando una banca rifiuta l’anticipo fatture

     

    Le imprese che si sono viste rifiutare l’anticipo delle fatture da parte delle banche possono oggi rivolgersi a una piattaforma di invoice financing, come CashMe, per cedere subito i propri crediti commerciali a investitori qualificati.

    Le piattaforme di invoice financing consentono alle PMI di cedere le fatture a investitori professionali in base a un sistema competitivo di aste online grazie al quale la fattura, non ancora incassata, né scaduta, viene venduta al miglior offerente.

    A differenza degli istituti di credito, la vendita della fattura su una piattaforma di invoice trading non dipende particolarmente dal merito creditizio dell’azienda che cede i crediti commerciali ma soprattutto dal livello di solvibilità del debitore.

    Inoltre i costi sono estremamente chiari fin da subito, e ciò consente di evitare sorprese inaspettate.

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  • Anticipo fatture: gli 8 vantaggi della finanza alternativa per le imprese

    Nasce in Italia una nuova piattaforma per aiutare le imprese e in particolar modo le PMI a migliorare la gestione del cashflow tramite l’anticipo fatture online da parte di investitori qualificati, senza passare attraverso il canale bancario.

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