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Fintech

Fintech: strumento alternativo o complementare alle banche?


Secondo l’ultimo working paper della Banca dei Regolamenti Internazionali la crescita dei finanziamenti alternativi ha sfiorato gli 800 milioni di dollari nel solo 2019, con importanti indicazioni dal punto di vista del rapporto tra fintech, Big Tech e banche.

Ottobre 19, 2020


Non si arresta la crescita del fintech nel mondo e in Italia. Secondo l’ultimo working paper della Banca dei Regolamenti Internazionali, ripreso la scorsa domenica da un articolo del Sole 24 Ore, i volumi di finanziamenti alternativi erogati alle imprese in tutto il mondo hanno raggiunto quota 795 miliardi di dollari nel 2019, rispetto ai 20 miliardi del 2013. Di questi, ben 223 miliardi provengono da startup “fintech” mentre il resto è per lo più concentrato nelle mani di alcuni operatori “Big Tech” generalisti, operanti in Cina.

Un miliardo di euro di finanziamenti alle PMI italiane grazie al fintech


In questo contesto, non sorprende la crescita del settore in un Paese come l’Italia dove l’innovazione digitale stenta ancora a decollare pienamente: secondo gli ultimi dati elaborati da Italia Fintech, l’associazione che raggruppa gli operatori del settore, nei primi nove mesi del 2020 il volume di finanziamenti alle PMI gestiti da startup fintech ha superato il miliardo di euro rispetto ai 231 milioni del periodo di riferimento precedente, mentre le aziende beneficiarie sono cresciute da 612 a circa 4.000 unità.

Un dato importante, che il working paper della Banca dei Regolamenti Internazionali sembra confermare dopo anni di congetture, è il fatto che lo sviluppo della finanza alternativa sembra essere inversamente proporzionale alla presenza di filiali bancarie in un determinato territorio e di requisiti di capitale più stringenti per le banche stesse. Dove queste chiudono o esprimono una maggiore avversione al rischio, come avviene sempre più spesso nel nostro Paese, le fintech si consolidano con maggiore rapidità.

Il fintech come strumento di consolidamento e “inclusione” finanziaria


Le startup fintech, tuttavia, non si limitano a “prendere il posto” delle banche: grazie a una struttura dei costi più snella e alla disponibilità di tecnologie di valutazione e misurazione del rischio più evolute, esse fungono da canale alternativo di finanziamento per quelle imprese solitamente “fuori” dal raggio d’azione bancario, come quelle appena uscite da una procedura di concordato o quelle che necessitano di tempi di erogazione del credito di gran lunga inferiori rispetto a quelli assicurati da una banca tradizionale.

In questo senso gli strumenti di finanza alternativa, come la piattaforma di invoice trading di CashMe, si presentano come uno strumento - se non alternativo - perlomeno complementare al credito bancario, rafforzando quelle imprese che altrimenti sarebbero condannate a ridurre la propria operatività, tagliare posti di lavoro o addirittura chiudere in mancanza di liquidità immediata. “L’invoice tradingafferma il direttore finanziario di Uniplast, cliente CashMe - riduce l’esposizione verso le banche: quando queste ultime non sono più le uniche linee di credito, aziende come la nostra acquisiscono un potere contrattuale maggiore in fase di rinnovo dei fidi. Ci sono stati mesi in cui CashMe mi ha letteralmente ‘salvato la vita’”.