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Fatture non pagate: la nuova geografia dei pagamenti dopo il 2020


Come cambiano i tempi di pagamento delle fatture delle imprese italiane dopo il 2020, secondo gli ultimi dati elaborati da Cribis nel suo studio annuale, e quali sono le possibili alternative ai ritardi più gravi.

Febbraio 8, 2021


Numeri impensabili, almeno fino a poco tempo fa: secondo gli ultimi dati elaborati da Cribis per il suo annuale studio sui pagamenti, pubblicato dal Sole 24 Ore di questa settimana, i pagamenti delle fatture che superano i 30 giorni di ritardo rispetto alla scadenza sono cresciuti del 22% rispetto al 2019. Le crescite più sostenute, questa è la notizia, si registrano nelle regioni settentrionali e in particolare a Lodi.

Le fatture pagate in ritardo crescono del 60% solo in provincia di Lodi


La provincia di Lodi, la prima a sperimentare la “zona rossa” divenuta tristemente familiare nel corso dei mesi successivi, è infatti quella che registra le “performance” peggiori pur rimanendo fra i territori più virtuosi: è qui che i ritardi nei pagamenti sono cresciuti del 60% sul totale delle fatture emesse, passando dal 7% all’11% negli ultimi mesi dell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle.

Le regioni del nord, tuttavia, rimangono quelle dove la maggioranza delle fatture viene ancora saldata entro i tempi previsti: dal 45,3% di imprese puntuali in Lombardia si scende al 35% nelle altre regioni, fino a calare al 20% del totale solo in Calabria, Sicilia e Campania. È qui, infatti, che i ritardi gravi superano ormai da tempo un quinto del totale, dieci punti oltre la media nazionale che si attesta invece all’11%.

Il commercio al dettaglio e le piccole imprese tra i più colpiti dai ritardi


Tra i settori più colpiti vi è, senza ombra di dubbio, quello del commercio al dettaglio, seguito da trasporto aereo, servizi ricreativi, bar e ristoranti e settore cinematografico. A soffrire in particolar modo sono state fin qui le piccole e le microimprese, colpite da ritardi gravi rispettivamente nell’ordine dell’8,7% e del 13,8%, un dato di gran lunga superiore rispetto alla media nazionale di tutte le regioni e tutti i settori.

È forse ancora presto per dire se lo scenario che emerge da questa ricerca sia un anticipo della nuova geografia dei tempi di pagamento nelle diverse regioni e settori produttivi: di sicuro rimangono i cronici ritardi che affliggono determinate aree e imprese, e un accentuato peggioramento in province che fino a poco tempo fa potevano considerarsi virtualmente immuni da questo pernicioso fenomeno.

L’invoice trading contro la morsa del “credit crunch”


In questo contesto di luci e ombre una parte delle PMI potrebbe finire presto nella morsa del “credit crunch”: l’allungarsi dei tempi di pagamento, le nuove normative bancarie e lo strascico della pandemia potrebbero portare banche e società di factoring a ridurre ulteriormente gli affidamenti in essere. Ad aiutare le imprese sarà quindi l’invoice trading, canale complementare rispetto a quelli tradizionali..

Nei prossimi mesi, infatti, il valore aggiunto delle piattaforme di invoice trading come CashMe sarà quello di rispondere in maniera veloce e flessibile alle richieste dei clienti e di nuovi scenari di mercato: fornendo liquidità immediata e sufficiente a finanziarie i fabbisogni di capitale circolante, tramite la cessione pro soluto dei crediti commerciali, ma senza creare nuovo debito né portare a segnalazioni in centrale rischi.

A pensarci bene anche questo era impensabile, solo fino a poco tempo fa.